Il monitoraggio delle Cfc black list va fatto in autonomia
Black list “indigeste” per la dichiarazione dei redditi 2017. Le modifiche apportate all’articolo 167 del Tuir, nel testo in vigore dal 2016 come modificato dalla legge 208/2015 (Stabilità 2016), hanno traslato sul contribuente/professionista una parte del lavoro in precedenza svolto dal ministero delle Finanze. Infatti, se prima le Cfc black list (articolo 167, comma 4) erano individuate dal decreto 21 novembre 2001, ora tale decreto, in quanto abrogato, dovrà essere sostituito da un elenco autonomamente redatto e continuamente monitorato da ciascun contribuente, con la conseguenza che il risultato potrebbe essere non identico per tutti. Tale monitoraggio è rilevante sia ai fini della tassazione per trasparenza in Italia del risultato della controllata estera, sia ai fini della tassazione integrale (con credito d’imposta) o parziale del dividendo distribuito o plusvalenze realizzate.
La tassazione per trasparenza potrà essere applicata solo in ipotesi di controllo diretto (ex articolo 2359 del Codice civile) della società estera o anche indiretto a mezzo di società intermedie che siano a loro volta controllate dalla società italiana. Se la società intermedia non è controllata non si ha tassazione per trasparenza in Italia. Per i dividendi/plusvalenze invece rileva la partecipazione diretta (anche non di controllo) nella Cfc ovvero, nel caso di partecipazione indiretta nella Cfc, rileva il controllo della società intermedia che detiene la Cfc.
Il contribuente ha quindi l’onere di individuare sia i regimi fiscali privilegiati e speciali di cui ai commi 1 e 4 dell’articolo 167 (per le Cfc black list), sia i livelli di tassazione per le Cfc «passive income» white list di cui all’articolo 167, comma 8-bis). Ad oggi, quindi, esistono due diversi regimi Cfc:
quello per i Paesi appartenenti alla Ue/See (cosiddetti Cfc white list di cui all’articolo 167, comma 8-bis). Tale regime è applicabile solo se i redditi della controllata sono rappresentati per più del 50% da passive income e, congiuntamente, il suo tax rate effettivo estero (imposta estera/utile ante imposte da bilancio estero) è inferiore al 50% del tax rate virtuale effettivo italiano (solo Ires e sue addizionali) che la controllata avrebbe pagato qualora fosse stata residente in Italia. Tale lista presenta meno problematiche in quanto oltre a essere stata già interpretata dalle Entrate con le circolari n. 51/E/2010 e n. 23/E/2011, è stata anche oggetto del provvedimento direttoriale del 16 settembre 2016 (prot. 143239);
quello per tutti gli altri Paesi (cosiddetti Cfc black list di cui all’articolo 167, comma 1.). In tale regime vi rientrano quelle controllate il cui Paese di residenza fiscale ha un regime fiscale privilegiato ovvero un regime fiscale speciale (da individuarsi, come anticipato, in autonomia). Per tali regimi valgono le indicazioni fornite dalla circolare n. 35/E/2016 (di recente commentata anche dalla circolare Assonime n. 17/2017) che, tuttavia, non sono così esaustive e ciò, forse, volutamente in quanto l’individuazione delle Cfc black list dovrebbe essere fatta con riferimento solo al livello nominale di tassazione (tesi sostenuta anche da Assonime). Del resto, anche il ministero delle Finanze, all’atto della predisposizione del decreto 21 novembre 2001 e delle successive modifiche, non poteva che ragionare su tax rate nominali. Pertanto, dovendo ora il contribuente sostituirsi al ministero, anche per esso non può che rilevare il tax rate nominale estero, prescindendo dallo scambio di informazioni per espressa previsione del comma 4 dell’articolo 167. Pertanto, si ritiene che i Paesi con regimi privilegiati/speciali siano quelli per i quali a causa di tali regimi il loro tax rate nominale estero scende sotto soglia (15,7% per il 2016 e 13,5% dal 2017), ossia risulta inferiore al 50% del tax rate nominale italiano (rileva sia l’Ires, senza addizionali, sia l’Irap nella misura ordinaria del 3,9%, circolare n. 35/E/2016, par. 1.2.3). Al fine di facilitare l’individuazione dei tax rate nominali la circolare ammette la loro ricerca sul sito dell’Ocse, della Banca mondiale o altri istituti accreditati in tal senso. Purtroppo non occorre fermarsi solo al tax rate nominale, ma occorre anche verificare se per effetto di regimi speciali tali tax rate nominali possano risultare inferiori al 15,7% italiano.
Secondo la circolare n. 35/E, la riduzione può avvenire rispetto a determinati settori di attività (agricole, finanziarie) o di territorio (zone franche) o per arco temporale o fino a una soglia minima di ricavi.