Il patrimonio agevola la scissione negativa
La scissione dà l’opportunità di effettuare riorganizzazioni di gruppo miranti ad enucleare un ramo d’azienda (spesso immobiliare) rispetto al core business. Il passo successivo può comportare la cessione a terzi delle partecipazioni nella scissa o nella beneficiaria, operazioni che non si configurano più come abusive ( risoluzione 97 E/17 ).
Nell’ambito della scissione può accadere che il patrimonio netto trasferito risulti negativo, qualora il valore contabile delle passività scisse superi quello delle relative attività. Occorre, tuttavia, considerare che questa situazione può articolarsi nei seguenti due casi:
■patrimonio netto (Pn) contabile negativo ma positivo in termini reali, quando le attività presentano un valore di mercato superiore a quello contabile, così da rendere positivo il Pn effettivo;
■Pn negativo sia in termini contabili sia reali.
In generale la divergenza fra Pn contabile ed effettivo dipende dal fatto che le attività presentino un valore contabile inferiore a quello di mercato. Può essere il caso di un immobile acquistato da tempo e in parte ammortizzato, ma può riguardare anche altre immobilizzazioni materiali oppure determinati intangibles.
Alla luce di ciò, quindi, da tempo Oic, dottrina, giurisprudenza e notariato si sono interrogati con conclusioni differenti circa la liceità o meno della scissione negativa nei due casi sopra delineati.
L’Oic 4 (fusione e scissione) nel 2007 (par. 4.3.3) si è espresso circa la liceità della scissione negativa in caso di valore economico del Pn positivo purché trasferito ad una beneficiaria preesistente. Alle stesse conclusioni è pervenuto anche il notariato del Triveneto (massima L.E.1/08), evidenziando tuttavia che la beneficiaria deve, alternativamente, ridurre le proprie riserve per assorbire il Pn negativo o rilevare una minusvalenza per tale importo. In ogni caso, secondo tale massima la scissione realmente negativa sarebbe priva di utilità per la beneficiaria e quindi risulterebbe inammissibile.
Questo concetto è stato avallato anche dalla giurisprudenza che ha negato la liceità di una scissione “realmente” – e non solo contabilmente – negativa (Cassazione n. 26043/13). Ad avviso della Corte, infatti, un’operazione siffatta non prevede alcun valore di concambio e quindi nessuna attribuzione di partecipazioni ai soci della società scissa. In realtà, l’operazione è stata sconfessata dalla Cassazione perché la scissione realmente negativa era di fatto finalizzata a mascherare lo stato di decozione della scissa.
Sul tema è intervenuta anche l’agenzia delle Entrate (risoluzione 12/E/09) che ha trattato il caso di una scissione con Pn contabile negativo e valore reale degli asset pari a quello delle passività. L’amministrazione ha chiarito che sotto il profilo contabile la scissa deve iscrivere una riserva positiva di importo pari alla differenza fra le passività e le attività trasferite. Fiscalmente la posta non costituisce un componente positivo di reddito, ma verrà tassata come riserva di utili in caso di distribuzione ai soci. Invece in capo alla beneficiaria la differenza si qualifica come disavanzo da concambio che andrà imputato alle attività e, per il residuo, ad avviamento (articolo 2506-quater del Codice civile).
Di recente si segnala l’intervento del notariato di Roma con due massime di luglio 2016, in parte nel solco degli orientamenti precedenti e in parte innovative per le scissioni “realmente” negative. La prima riguarda una scissione con Pn contabile negativo ma positivo in termini reali, affermando che l’operazione è ammissibile qualora, alternativamente:
•si rivaluti il netto assegnato a valori correnti in base a perizia ex articolo 2343, 2343-ter comma 2 lettera b, o 2465 del Codice civile;
•la beneficiaria già esistente abbia un netto in grado di assorbire quello negativo assegnato senza incorrere nelle fattispecie di riduzione del capitale al di sotto del limite legale;
•l’operazione abbia finalità liquidative vertendo la beneficiaria in stato di liquidazione.
La seconda riguarda, invece, una scissione “realmente” negativa, ritenuta ammissibile solo nei casi 2 e 3.
In conclusione, la liceità della scissione negativa con Pn positivo in termini reali appare ammissibile, anche in presenza di beneficiaria neocostituita, a patto che si ricorra ad una perizia che consenta di far emergere i maggiori valori patrimoniali. Invece, la scissione realmente negativa sembra confinata a casi più ristretti e, quindi, meno percorribile. Vista comunque la delicatezza dei temi sarebbe bene affrontarli nell’attuale review dell’Oic 4.