Il principio di competenza fiscale non può prescindere dalla correlazione costi-ricavi
I ricavi trascinano la competenza dei costi purché questi abbiano i requisiti
Con la recente risposta ad interpello n. 909-579/2020, la Dre dell’Emilia Romagna ha confermato un principio fondamentale della determinazione del reddito di impresa, secondo il quale la corretta applicazione del principio fiscale di competenza temporale postula la necessità di individuare, dapprima, l’esercizio di competenza dei ricavi, per poi procedere all’individuazione dei costi a questi relativi, che sono ammessi in deduzione nel medesimo periodo, secondo un “effetto trascinamento” per cui sono i costi a seguire i ricavi.
La corretta applicazione del principio di competenza fiscale non può, dunque, prescindere dal concetto di correlazione civilistico-contabile tra produzione del reddito e costi correlati.
Il criterio della correlazione costi-ricavi rappresenta, infatti, un importante corollario del principio di competenza ed esprime la necessità che ai ricavi dell’esercizio siano contrapposti i relativi costi.
Secondo il citato interpello, tale principio di correlazione è rinvenibile, in particolare, nel disposto dell’articolo 109, comma 4, ultimo periodo, del Tuir, in base al quale sono ammesse in deduzione le spese e gli oneri - risultanti da elementi certi e precisi - specificamente afferenti ai ricavi che, pur non risultando imputati a conto economico, concorrono alla formazione del reddito imponibile.
Tale disposizione, pensata ab origine per rispondere ad esigenze proprie dell’attività di accertamento, al fine di consentire la deducibilità dei costi specificamente inerenti ai ricavi emersi in sede di verifica, in ossequio al principio di simmetria fiscale tra componenti positivi e negativi di reddito, ha assunto una valenza generalizzata, divenendo uno dei principi cardine che disciplinano il reddito d’impresa.
Peraltro i medesimi principi erano stati affermati nella Risoluzione n. 91/E del 12 luglio 2006 dove, con riferimento all’individuazione dell’esercizio di imputazione temporale delle provvigioni passive, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che il generale principio della competenza di cui all’articolo 109, comma 2 del Tuir deve essere applicato in combinazione con il corollario della correlazione, secondo cui i costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio. (Proprio perché sulla questione si è già espressa l’Agenzia delle Entrate, la Dre Emilia Romagna ha ritenuto inammissibile, per mancanza delle obiettive condizioni di incertezza, l’istanza presentata dal contribuente nella fattispecie qui commentata. Pur tuttavia la medesima Dre, in un’ottica di collaborazione tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, ha preso in considerazione il quesito e ha confermato l’interpretazione fornita dal contribuente istante.)
Poiché, dunque, il principio di correlazione è intrinseco in quello di competenza, al fine di individuare correttamente il principio di competenza fiscale di cui al citato articolo 109 del Tuir, non si può prescindere dal concetto di correlazione civilistico-contabile tra produzione del reddito e costi correlati.
Si può pertanto affermare che risulta ormai pacifico, secondo la prassi ministeriale, che la disposizione fiscale sull’imputazione temporale dei componenti positivi e negativi di reddito rifletta le regole civilistiche nella misura in cui, da un lato, stabilisce il principio di competenza, dall’altro, considera la correlazione costi-ricavi come corollario della stessa competenza, a condizione che vengano rispettate le regole di certezza e di obiettiva determinabilità dei costi, dettate dall’articolo 109, comma 1, del Tuir.
Va tuttavia precisato che tale ulteriore requisito della certezza e della obiettiva determinabilità dei costi si applica attualmente soltanto alle micro-imprese ex art. 2435-ter c.c. (le quali redigono il bilancio in forma “super semplificata”), in quanto per le imprese di maggiori dimensioni che applicano i principi contabili Oic e per quelle Ias adopter opera il principio di derivazione rafforzata (art. 83 del Tuir), in base al quale per la determinazione del reddito di impresa dei predetti soggetti valgono, anche in deroga alle specifiche disposizioni del Tuir, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai principi contabili di riferimento.
Per questi, dunque, come confermato dall’art. 2, comma 1, del Dm 48/2009, assumono rilevanza, ai fini del calcolo del reddito imponibile, gli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma e di conseguenza non operano le disposizioni dell’art. 109, comma 1, Tuir (requisiti di certezza e determinabilità dei componenti reddituali) e del comma 2 (determinazione dell’esercizio di competenza). Nel quesito sottoposto all’esame della Dre dell’Emilia Romagna non viene specificato ma, evidentemente, si trattava di una micro impresa che determina il reddito di impresa secondo le regole ordinarie del Tuir e non applica il principio di derivazione rafforzata. Come vedremo, tuttavia, le conclusioni sostanziali raggiunte dalla risposta della Dre in commento non cambierebbero anche in presenza di soggetto Oic non micro-impresa o di soggetto Ias.
Il caso concreto
In particolare, il quesito riguarda una società avente per oggetto l’esercizio di “attività edili in proprio o per conto terzi, l’acquisto, la vendita, la permuta, la locazione e la gestione di beni immobili o mobili, l’assunzione e la concessione di appalti”, la quale risulta proprietaria di circa 35 lotti di terreni edificabili che la società intende alienare sul mercato, piuttosto che costruirvi.
La convenzione urbanistica relativa ai predetti lotti prevede l’obbligo, a carico dei soggetti attuatori, di realizzare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria quali: parcheggi pubblici di urbanizzazione primaria, parcheggi di urbanizzazione secondaria, viabilità carraia e pedonale, reti infrastrutturali relative a gas, acqua, linee elettriche, telefoniche, videosorveglianza, fognature, illuminazione pubblica, verde pubblico attrezzato, piste ciclo-pedonali, illuminazione.
I permessi di costruire relativi alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria sono stati rilasciati nel corso del 2020 e nel medesimo anno la società ha effettuato la prima vendita di un appezzamento di terreno edificabile compreso nel comparto, assumendosi contrattualmente nei confronti dell’acquirente l’obbligo alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Per dette opere la società ha stipulato un contratto di appalto il quale prevede l’ultimazione dei lavori nel 2021, cosicché se i ricavi delle vendite dei terreni sono realizzati nel 2020 e le afferenti opere di urbanizzazione fossero imputate solo nel 2021, una volta completati i lavori, non risulterebbe soddisfatto il principio civilistico della correlazione costi ricavi, secondo quanto previsto dal Principio Contabile Oic 11 (paragrafo 32), in base ai quali ai ricavi dell’esercizio devono essere contrapposti i relativi costi.
Secondo la società istante, pertanto, per determinare correttamente il reddito di esercizio è necessario, in base ai principi suddetti, contrapporre ai ricavi derivanti dalla vendita dei lotti di terreni edificabile i costi che la società sosterrà per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria poste a suo carico, i quali sono da considerare strettamente attinenti a tali ricavi.
Secondo l’istante, nel caso di specie risultano soddisfatti anche gli ulteriori criteri per la deducibilità dei predetti costi e, in particolare, l’inerenza, la certezza e l’oggettiva determinabilità.
Per quanto riguarda l’inerenza, intesa quale correlazione funzionale tra il componente negativo di reddito e l’attività svolta dalla società, si osserva che le opere di urbanizzazione sono sostenute nell’esercizio di impresa e si riferiscono ad un’attività dalla quale deriveranno dei ricavi che concorreranno a formare il reddito di impresa, attraverso la vendita dei lotti di terreno edificabile.
La certezza attiene invece all’esistenza del componente reddituale e va intesa quale certezza giuridica del credito o del debito giustificata dall’esistenza di un titolo produttivo di effetti giuridici al termine dell’esercizio che, nel caso di specie, è rappresentato dall’impegno inderogabile assunto dalla società nella convenzione stipulata con il Comune.
Infine, l’oggettiva determinabilità del costo comporta che gli atti o i documenti relativi all’elemento reddituale contengano elementi idonei e sufficienti per la sua quantificazione e poiché, nel caso oggetto del quesito, si tratta di costi di urbanizzazione, questi sono determinabili nel loro ammontare, ancorché numericamente non manifestatisi, in quanto la determinazione si fonda su elementi certi contenuti nella convenzione con il Comune e nel contratto di appalto con l’impresa incaricata dell’esecuzione materiale dei lavori.
In conclusione, la società istante ritiene che, in base ai principi di determinazione del reddito di impresa contenuti nel Tuir, sarebbe corretto imputare nell’esercizio in cui vengono contabilizzati i ricavi derivanti dalla vendita dei lotti di terreno i relativi costi per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, anche se non ancora effettivamente sostenuti in quel momento, attribuendoli pro-quota secondo criteri oggettivi in base all’effettiva incidenza delle opere sulle porzioni di terreno cedute, nel rispetto del postulato della correlazione tra componenti negativi e positivi di reddito.
Sulla base dei principi enunciati in premessa, la Dre dell’Emilia Romagna ha confermato la soluzione proposta dal contribuente istante, osservando che, nel caso in esame, il riparto temporale dei costi dovrà avvenire - previa imputazione ai ricavi di vendita conseguiti nell’esercizio in corso - con riferimento all’ammontare delle spese che si andranno a sostenere per la costruzione delle opere di urbanizzazione relative al lotto venduto.
Peraltro, la stessa soluzione era stata confermata nella seppur datata nota n. 9/2940 del 22 ottobre 1981, ove si affermava che nell’esercizio in cui vengono imputati i ricavi derivanti dalla vendita dei lotti di terreno devono altresì essere imputati i relativi costi per opere di urbanizzazione, anche se non effettivamente sostenuti a quel momento.
In particolare, secondo la citata risposta ad interpello della Dre dell’Emilia Romagna, nell’esercizio di conseguimento dei ricavi devono essere accertati i costi, ancorché non sostenuti, per la quota attribuibile al bene la cui alienazione ha dato origine al ricavo.
I ricavi “trascinano” la competenza dei costi purché questi abbiano i requisiti:
● della certezza della loro esistenza (sulla base degli obblighi assunti nell’atto di vendita);
● della determinabilità obiettiva dell’ammontare (sulla base del contratto di appalto già stipulato e dell’analisi dei costi da sostenere).
Ai fini della corretta applicazione del principio di competenza, nel caso oggetto del quesito, la Dre dell’Emilia Romagna cita la Risoluzione n. 14/E del 5 marzo 1998, relativa alla questione della correlazione costi-ricavi nel caso di prestazioni di smaltimento di rifiuti, nonché la Risoluzione n. 52/E del 2 giugno 1998, relativa alla correlazione costi-ricavi nel caso dei costi di chiusura e post-chiusura delle discariche.
Sulla base dei chiarimenti forniti da detti documenti di prassi la Dre dell’Emilia Romagna individua il seguente percorso per contabilizzare secondo il corretto principio di competenza i costi per le opere di urbanizzazione:
● effettuazione di una stima dei costi delle opere di urbanizzazione in base agli obblighi previsti nella convenzione;
● imputazione tra i costi annuali quelli parametrati oggettivamente alla produzione del reddito, esponendoli in un prospetto analitico annuale;
● predisposizione, nell’anno di sostenimento del costo, di un prospetto riepilogativo per il raffronto tra i costi accantonati e i costi effettivamente sostenuti;
● imputazione a sopravvenienza attiva o passiva l’eventuale differenza.
Conclusione condivisibile sia dal lato contabile che da quello fiscale. Per completezza va ricordato che già in passato, sempre con riferimento ai redditi d’impresa, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto – con Risoluzione n. 322/E/2002 – che “le operazioni di cessione gratuita delle aree, effettuate, non per spirito liberale, bensì in adempimento di precisi obblighi contrattuali, costituiscono un onere necessario alla realizzazione della iniziativa urbanistica” con la conseguenza che il valore di dette aree “non potrà che essere riattribuito alle residue aree interessate all’attività di trasformazione edilizia”.
Questo articolo fa parte del nuovo Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.
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