Il reverse «batte» il rappresentante
Non è ammesso frazionare artificiosamente un’operazione complessa – ma unica sotto il profilo della sostanza economica – scomponendo la fase dell’acquisto dei materiali da quella della realizzazione dell’opera in cui tali beni sono utilizzati, assemblati o montati. In base a questo principio, consolidato nella giurisprudenza nazionale e comunitaria, le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 3872/2018) hanno negato la legittimità del comportamento di un operatore extraUe che ha utilizzato il rappresentante fiscale in Italia solo per effettuare acquisti in relazione ai quali esercita la detrazione dell’Iva, facendo poi valere il diritto al rimborso.
Nel caso esaminato dai giudici, l’eccedenza a credito sorge perché, al momento di fatturare l’operazione, il soggetto estero decide d’intervenire direttamente, lasciando agire il regime del reverse charge in capo ai committenti/cessionari nazionali, senza coinvolgere la posizione Iva assunta nello Stato e, quindi, evitando che l’importo dell’imposta detratta sia neutralizzato dal debito sull’operazione attiva.
L’operatività “a intermittenza” della posizione Iva è dunque esclusa sulla base dei principi generali di funzionamento dell’imposta, cioè dando rilievo alla configurazione unitaria dell’operazione, anziché risolvendo in via definitiva la questione sollevata dai giudici remittenti in ordine alla presunta “forza attrattiva” del rappresentante fiscale che diverrebbe “punto di riferimento” per tutte le operazioni poste in essere nel territorio dello Stato dal soggetto rappresentato.
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L’orientamento espresso nella sentenza dovrebbe tuttavia considerarsi confinato alle operazioni eseguite prima dell’entrata in vigore del Dlgs 18/2010, che ha esteso la disciplina dell’inversione contabile a tutte le cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti nello Stato eseguite da soggetti non residenti, ancorché ivi dotati di rappresentante fiscale o identificati direttamente ai fini dell’imposta (in esecuzione della facoltà riconosciuta agli Stati membri dall’articolo 194, direttiva 2006/112).
Il punto avrebbe meritato una presa di posizione più netta, soprattutto considerando che una diversa interpretazione era stata prospettata nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni unite. Tuttavia, non pare che le indicazioni della sentenza siano compatibili con l’attuale formulazione del secondo e del terzo comma dell’articolo 17, Dpr 633/1972. Tali norme, in effetti, stabiliscono una successione di disposizioni la cui applicazione appare sequenziale.
Dapprima, opera il secondo comma dell’articolo 17, con la conseguenza che, anche in presenza di rappresentante fiscale o d’identificazione diretta, l’imposta è assolta dal soggetto passivo stabilito applicando l’inversione contabile.
Solo quando gli obblighi/diritti sono previsti a carico o favore di soggetti non residenti ossia solo quando non è possibile applicare il reverse charge, essi sono assolti o esercitati dall’operatore estero che vi provvederà a mezzo rappresentante fiscale ovvero direttamente, se si tratta di operatore identificato in Italia ai fini Iva, così come prevede il terzo comma dello stesso articolo 17.
Per effetto di tale impostazione, peraltro condivisa dalle Entrate (circolari 14/E/2010 e 36/E/2010, risoluzioni 89/E/2010 e 21/E/2015), il “frazionamento” di un’operazione quale quella esaminata dalla sentenza appare inevitabile alla luce del vigente quadro normativo. A meno di voler considerare irrilevante, premiando ancora una volta l’unitarietà dell’operazione (ma in base a una logica “rovesciata”), la presenza del rappresentante fiscale non solo dal “lato attivo”, ma anche nella fase dell’acquisto dei beni necessari all’effettuazione dell’operazione, acquisto che dovrebbe avvenire senza l’intervento della posizione Iva nazionale. Ciò, però, significherebbe superare il divieto (risposta 40 delle Faq sui rimborsi a soggetti esteri), secondo cui il soggetto identificato o dotato di RF non può chiedere direttamente il rimborso dell’imposta assolta sugli acquisti, ma deve seguire le regole interne agendo con la partita Iva aperta in Italia.
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