Imposte

Il rientro in Italia nel 2018 preclude il regime agevolato più favorevole

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di Daniela Ghislandi e Nicoletta Marra

Il lavoratore rientrato in Italia nel 2018 non può sfruttare dal periodo d’imposta 2020 il più favorevole (in termini di minore imposizione fiscale) regime degli impatriati, «in quanto per espressa disposizione normativa (articolo 5, comma 2, del Dl 34/2019) ai soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia prima dell’anno d’imposta 2020, come il contribuente istante, continuano ad applicarsi le previsioni contenute nella versione dell’articolo 16 del Dlgs 147/2015 antecedente alle modifiche operate» dal decreto crescita della scorsa primavera. Non può comunque precludere l’accesso al regime la circostanza che il lavoratore sia rientrato in Italia a seguito di assunzione da parte della società italiana titolare del 100% delle azioni della (non più operativa) società austriaca presso la quale svolgeva la propria attività lavorativa dal 2015, in quanto la società italiana ha instaurato un nuovo rapporto di lavoro attribuendogli anche un diverso ruolo. Sono i due principi che emergono dalla risposta a interpello 904-1304/2019 rilasciata dalla Dre Lombardia ma non ancora resa pubblica.

In particolare, l’amministrazione finanziaria ha ritenuto che il lavoratore istante - avendo trasferito la residenza in Italia nel 2018 - non possa fruire, nemmeno a partire dall’anno di imposta 2020, dei nuovi e più favorevoli benefici previsti dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015, come modificato dall’articolo 5 del Dl 34/2019 (convertito, con modificazioni, dalla legge 58/2019, in vigore dal 30 giugno 2019). Ciò, in quanto per espressa disposizione normativa ai soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia prima dell’anno d’imposta 2020, come appunto il lavoratore istante, si continuano ad applicare le previsioni contenute nella versione dell’articolo 16 antecedente alle modifiche operate del Dl 34/2019, ossia, al verificarsi dei requisiti e delle condizioni previsti, alternativamente, dal comma 1 o dal comma 2 del medesimo articolo, i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50% a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Per quanto di interesse rispetto al caso esaminato, il comma 1 dell’articolo 16 nella versione antecedente le modifiche inserite dal Dl 34/2019 prevede che possono beneficiare dell’agevolazione fiscale i soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato in base all’articolo 2 del Tuir (Dpr 917/1986), ove ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:
non essere stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento;
svolgere l’attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
prestare l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano;
rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

Con riferimento alla residenza fiscale, la circolare 17/E/2017 ha precisato che, atteso che per le persone fisiche il periodo d’imposta coincide con l’anno solare, un soggetto che si sia trasferito in Italia dopo il 2 luglio (ovvero dopo il 1° luglio nel caso di anno bisestile) non possa essere considerato fiscalmente residente in Italia per quell’anno, in quanto i requisiti di radicamento della residenza saranno sempre verificati per un periodo inferiore alla maggior parte del periodo d’imposta.

Di conseguenza, il combinato disposto dell’applicazione delle norme sopra riportate ha condotto l’agenzia delle Entrate a ritenere che il nuovo, e più favorevole, regime fiscale per i lavoratori impatriati possa essere applicato soltanto a chi sia rientrato (o rientrerà) in Italia dopo il 2 luglio 2019, in quanto il primo periodo di applicazione dell’agevolazione sarà per questi soggetti il 2020.

Inoltre, sempre la stessa risposta a interpello ha chiarito che non è preclusiva la circostanza che l’interessato sia rientrato in Italia a seguito di assunzione da parte della società italiana titolare del 100% delle azioni della (non più operativa) società austriaca presso la quale svolgeva la propria attività lavorativa dal 2015, in quanto la società italiana ha instaurato con lo stesso un nuovo rapporto di lavoro attribuendogli altresì un diverso ruolo.

Agenzia delle Entrate, Dre Lombardia, risposta a i nterpello 904-1304/2019

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