Controlli e liti

Il rifiuto del rimborso Iva non è soggetto a decadenza

L’ordinanza 12144/2021 riconosce alle Entrate la possibilità di contestare, senza limiti temporali, i crediti esposti in dichiarazione

di Francesco Paolo Fabbri

Il diniego al rimborso Iva non è soggetto al termine di decadenza previsto dall’articolo 57 del Dpr 633/1972, non avendo tale diniego natura di atto impositivo. Così si è espressa la Cassazione con l’ordinanza 12144 del 7 maggio 2021, con la quale i giudici si sono pronunciati sulla questione – già oggetto di rimessione alle Sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria n. 15525/2020 – relativa alla possibilità di contestare, a seguito della decadenza del potere di accertamento, un credito regolarmente esposto in dichiarazione e chiesto a rimborso.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un credito Iva maturato da una società nel corso del 1999, credito che formava oggetto di richiesta di rimborso solamente nel 2007. La richiesta di rimborso veniva però espressamente rigettata dall’Amministrazione finanziaria, con proposizione del ricorso da parte della società che veniva accolto da parte della Ctp competente. I giudici di prime cure sostenevano infatti che, non avendo l’Agenzia delle Entrate effettuato alcuna rettifica del credito Iva esposto in dichiarazione, la stessa Amministrazione non potesse opporre il diniego al rimborso di tale credito. A loro volta, i giudici di Ctr rigettavano l’appello delle Entrate, statuendo che la mancata adozione di un provvedimento di rettifica del credito contestato, così come rilevata in primo grado, dava luogo al “consolidamento” del credito indicato in dichiarazione, senza possibilità per l’autorità fiscale di negare il diritto al rimborso.

Tuttavia, a seguito della presentazione del ricorso in Cassazione, le ragioni dell’Amministrazione finanziaria hanno trovato accoglimento. I giudici di legittimità rilevano come, in tema di Iva, vi sia differenza fra la «rettifica del credito» (all’articolo 38-bis del Dpr 633/1972) e il «diniego al rimborso» (articolo 30 del Dpr 633/1972). Sostiene infatti la Suprema Corte che, considerata l’autonomia tra le due disposizioni richiamate, l’omessa rettifica del credito Iva non risulta in grado di impedire il diniego all’erogazione del credito. Ciò, qualora non sussistano i fatti costitutivi del diritto al rimborso riportati dallo stesso articolo 30.

In particolare, come già sostenuto dalla Cassazione in passato (da ultima, ordinanza n. 7132/2019), il provvedimento con cui l’Amministrazione finanziaria nega il rimborso dell’eccedenza detraibile ex articolo 30 del Dpr 633/1972 non ha natura di avviso di accertamento (il quale presuppone necessariamente, secondo i giudici di legittimità, una pretesa tributaria “nuova”). Da ciò conseguendo che tale provvedimento di diniego non risulta soggetto al termine decadenziale per l’azione di rettifica, potendo quindi essere emanato finché il contribuente ha diritto a ottenere il rimborso del proprio credito.

Come anticipato, la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di negare, sostanzialmente senza limiti di tempo, il diritto del contribuente al rimborso dell’eccedenza Iva detraibile, è stata oggetto dell’ordinanza interlocutoria n. 15525 del 21 luglio 2020. Pronuncia che ha esaminato una questione del tutto simile a quella in commento, riguardante un credito Iva maturato nel periodo d’imposta 1998 e chiesto a rimborso dopo dieci anni.

Nel caso di cui alla pronuncia di rimessione si richiedeva l’intervento delle Sezioni Unite in considerazione dell’esistenza di due orientamenti opposti:

1. un primo (Cassazione 8460/2005 e 9339/2012) secondo il quale il credito Iva chiesto a rimborso si “cristallizza” una volta decorso il termine di decadenza di cui all’articolo 57 del Dpr 633/1972;

2. un secondo (Cassazione 194/2004, 29398/2008 e 8642/2009) che, all’opposto, riconosce all’agenzia delle Entrate la possibilità di contestare, senza limiti temporali, i crediti esposti in dichiarazione.

Con l’ordinanza 12144/2021 la Cassazione si attesta chiaramente sul secondo degli orientamenti citati. In ciò, peraltro, dimostrandosi coerente con una diversa sentenza, sempre a Sezioni Unite (n. 5069/2016), con la quale, relativamente al rimborso delle imposte dirette, è stato affermato il principio secondo cui l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella propria dichiarazione dei redditi anche qualora siano decorsi i termini previsti a pena di decadenza per esercitare il potere di accertamento. In tale ultimo caso i giudici di legittimità avevano infatti sostenuto che i termini di decadenza per l’accertamento risultano riferiti solamente ai “crediti” vantati dall’ente impositore, e non, invece, ai relativi “debiti”.

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