Imposte

Il rimborso Iva non deve essere l’eccezione ma la regola

di Raffaele Rizzardi

Con la decisione di esecuzione del Consiglio europeo numero 2017/784 , pubblicata il 6 maggio scorso nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 118/17, viene revocata la precedente autorizzazione allo split payment 2015/1401, che era stata concessa in funzione della lotta all’evasione da parte dei fornitori della pubblica amministrazione, in attesa che le misure amministrative, in primis l’obbligo di fatturazione elettronica e i conseguenti controlli incrociati, consentissero di tornare alle normali regole della direttiva.
Così non è stato, anzi dal 1° luglio prossimo sino al 30 giugno 2020, per rispettare la regola della temporaneità triennale (ma ponendo un termine finale a dir poco irrazionale per un possibile cambio di rotta), lo split payment verrà esteso, come previsto dal decreto-legge 50 in corso di conversione.
La misura proposta dal governo potrà quindi entrare in vigore già con la benedizione dell’autorità sovraordinata, senza che si venga a determinare un periodo di incertezza, come fu per la prima introduzione di questa regola di versamento dell’Iva, che era stata autorizzata a regime già in vigore da oltre sei mesi. Da quella decisione (la numero 1401 del 2015) è interessante richiamare questa premessa: «Nel 2014 l’Italia ha introdotto per le pubbliche amministrazioni l’obbligo di fatturazione elettronica per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Ciò dovrebbe consentire di controllare adeguatamente il settore interessato in futuro, quando sarà stata sviluppata e posta in atto un’adeguata politica di controllo sulla base dei dati disponibili per via elettronica. Una volta che tale sistema sia pienamente attuato, non dovrebbe essere più necessario derogare alla direttiva 2006/112/CE. L’Italia ha pertanto assicurato che non chiederà il rinnovo dell’autorizzazione alla misura di deroga».
Belle parole, come quelle che leggiamo nella premessa della nuova decisione Ue: «L’Italia ha dimostrato che il sistema dei rimborsi dell’Iva funziona correttamente e che il tempo medio di rimborso dell’Iva non supera i tre mesi. Inoltre, l’Italia ha fornito informazioni secondo cui i fornitori delle pubbliche amministrazioni hanno beneficiato di una procedura prioritaria, in cui il tempo di rimborso è stato persino più breve».
Sarebbe interessante anche per i contribuenti italiani che l’amministrazione finanziaria pubblicasse le informazioni fornite alla Commissione europea, in quanto i termini sopra indicati per i rimborsi non trovano riscontro nelle segnalazioni che provengono dalle aziende permanentemente a credito.
L’ambito applicativo dello split payment sarà più che doppio rispetto a prima. Basti pensare che con la circolare 1/E del 9 febbraio 2015 l’agenzia delle Entrate non si era riconosciuta tra i destinatari della nuova procedura, così come l’aveva attribuita all’Inps, ma non all’Inail.
Non senza dimenticare che l’amministrazione finanziaria si troverà a dover eseguire una ulteriore serie di controlli, per verificare la completezza e la tempestività dei versamenti da parte degli ormai numerosissimi soggetti che riceveranno fatture in split payment.
Tornando alla valutazione complessiva del provvedimento, abbiamo cercato tra le statistiche del ministero delle Finanze quella relativa alla posizione creditoria Iva dei contribuenti italiani (se esiste, saremmo grati che ci venisse indicato il link internet): solo confrontando la variazione in aumento di questa entità con il gettito da split payment è possibile misurare l’entità dell’effettivo recupero di evasione.
Occorre comunque introdurre nell’ordinamento della nostra amministrazione finanziaria la cultura del rimborso Iva: come avviene nel resto d’Europa non dovrebbe esistere il modello Tr, che individua il rimborso come mera eccezione, in quanto dovrebbe essere eseguito d’ufficio con la presentazione di una comunicazione di liquidazione periodica a credito, in cui il contribuente non esprima l’opzione per il riporto.

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