Il rischio di un caos processuale che deve essere risolto
Se a processo estinto arriva il diniego e la parte lo impugna, l’impugnazione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione
Nel caso di processo dichiarato estinto (ex articolo 391 del Codice di procedura civile), va rammentato che in virtù del venir meno di tutte le sentenze, di rito e di merito emesse nel corso del processo, salve le parti delle pronunce che non sono state oggetto di impugnazione e che, quindi, sono passate in giudicato, l’atto impugnato “rivive” ed è definitivo. Gli uffici (ogni, o taluni), potrebbero mettere in riscossione e/o iniziare o continuare l’esecuzione dei carichi originari e, semmai ciò potrà accadere mentre il contribuente ha già pagato il dovuto o gran parte delle altre rate (trimestrali)
Ebbene, se a processo estinto, arriva il diniego e la parte lo impugna, l’impugnazione è «motivo di revocazione del provvedimento di estinzione e la revocazione va richiesta, “congiuntamente” nei 60 giorni dalla notifica» del diniego stesso (comma 201, terzo periodo), per cui non solo l’atto impugnato (a definizione perfezionata) è già rinato (dopo la dichiarata estinzione), ma “rivive” anche il giudizio al grado dove era pendente la lite al momento in cui si era presentata domanda di definizione (e pagato) per cui, seguirà, anche qui, una repentina “riapertura” (nei successivi 60 giorni dal diniego) della lite originaria.
C’è allora anche qui da chiedersi:
1) cosa succede in termini di “riscossione” delle pretese indicate nell’atto impugnato e/o decise provvisoriamente e/o di quelle “rideterminate” con la definizione perfezionatasi anche un anno prima rispetto al diniego e semmai già pagate in toto o in larga parte;
2) come si coordinano i due processi “paralleli” che vengono ad esistenza, l’uno (il nuovo) sul diniego opposto dall’ufficio, se impugnato dal contribuente in cui si è dovuta chiedere anche la «revocazione del provvedimento di estinzione»; l’altro (il precedente) sulla lite originaria che dopo il diniego, se impugnato, si è riattivato (entro 60 giorni) per aver dovuto la parte (o l’ufficio) chiedere la revocazione del provvedimento di estinzione.
La legge, di fronte a questi interrogativi ed intricate e nuove complesse vicende processuali e procedimentali nulla dice. L’Agenzia, del pari, nulla ha indicato nella circolare 2 del 2023.
Si renderebbero, quindi, urgenti chiarimenti o correttivi ad hoc.
Ed infatti, partendo dal caso in cui arrivi il diniego, ma il processo non è stato ancora dichiarato estinto, se la parte impugna il diniego e, come deve, è tenuto ad impugnare «unitamente» anche la sentenza sottesa (o la impugni l’Agenzia), anche ove pure fosse scaduto il termine ordinario di impugnazione (oltre i nove mesi di proroga ex comma 199) nei successivi 60 giorni dal diniego, si dovrebbe disporre, per legge che «l’atto impugnato e la pronuncia giurisdizionale il cui termine di impugnazione era pendente alla richiesta di definizione sono sospesi fino alla decisione del giudice sul diniego».
Nei casi in cui, invece, il diniego arrivi dopo che il processo originario è stato dichiarato estinto se il contribuente impugna il diniego chiedendo, come deve, la revocazione del provvedimento di estinzione, dovrebbe scattare, anche qui, per legge «la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’atto impugnato e dell’eventuale sentenza già pronunciata nel corso del giudizio fino alla decisione del giudice sul diniego e sul ricorso per revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato»; sospensione legale, quindi, correlata alla novità dell’anticipata estinzione del processo come si dispone ora al comma 198.
E non solo. Nei giudizi innanzi alle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, diversamente da quanto accade in Cassazione, andrebbe disposto per legge che, ove venisse rigettata l’impugnazione del diniego, e accolto, quindi, il ricorso per revocazione del provvedimento di estinzione, il giudice del merito dovrebbe fissare, innanzi a sé, «l’udienza per la prosecuzione della causa originaria (già estinta)», non potendosi in altro modo concedere alle parti i termini per utilizzare le proprie prerogative processuali (controdeduzioni, memorie, repliche eccetera) interrotte dopo l’avvenuta dichiarazione di estinzione disposta con decreto o ordinanza (anche un anno prima).
Si spera, quindi, che il legislatore intervenga quanto prima, per colmare il vuoto normativo esistente per evitare gravosi danni in capo ai contribuenti, uffici e giudici e sicuri incagli, ritardi e nuovi contenziosi, nonostante i diversi traguardi ed obiettivi sperati.