Il trattamento fiscale diverge da quello contabile
Anche sotto l’aspetto contabile, la deliberazione in merito alla distribuzione dei dividendi deve fare i conti con diverse novità, a seguito della nuova versione dei documento Oic 21 («Partecipazioni e azioni proprie»), emanata a fine 2016 per adeguare le regole contabili alle novità apportate dal Dlgs 139/2015.
La prima questione riguarda le holding e, probabilmente, i gruppi societari si sono già adeguati sin dallo scorso esercizio. Sulla base del previgente testo del principio, la società controllante poteva già contabilizzare, ad esempio nel bilancio 2015, il dividendo deliberato nel corso del 2016 dalla controllata con riferimento agli utili relativi al bilancio 2015 (iscrivendo in contropartita un credito verso la controllata). Questo purché il bilancio della controllata fosse stato approvato, dal proprio organo amministrativo prima della data di approvazione del bilancio da parte dell’organo amministrativo della controllante oppure anche sulla base della mera proposta di distribuzione deliberata dagli amministratori della controllata (intervenuta prima dell’approvazione del progetto di bilancio della controllante), qualora la società controllante fosse stata in possesso del pieno dominio sull’assemblea della controllata.
Il nuovo testo dell’Oic 21 elimina tale possibilità di “anticipare” la contabilizzazione del dividendo, per cui, a partire dai bilanci 2016, i dividendi possono essere contabilizzati unicamente sulla base della regola generale ovvero nell’esercizio in cui sorge il diritto alla riscossione delle somme, in conseguenza della delibera di distribuzione assunta dall’assemblea dei soci della partecipata.
Vi è però un altro aspetto del nuovo principio che è ancora poco esplorato e determinerà un disallineamento tra contabilità e fiscalità della partecipata. Infatti, il paragrafo 58 del principio prevede che «il dividendo è rilevato come provento finanziario indipendentemente dalla natura delle riserve oggetto di distribuzione. La società partecipante verifica che, a seguito della distribuzione, il valore recuperabile della partecipazione non sia diminuito al punto tale da rendere necessaria la rilevazione di una perdita di valore».
Fiscalmente, invece, il trattamento della somma ricevuta dalla società partecipata è assai differente a seconda che si tratti di distribuzione di utili (o riserve di utili) o di riserve di capitale, come è emerso con evidenza nelle operazioni di assegnazione di beni ai soci realizzate nel 2016 e 2017 (circolari 26/E e 37/E del 2017).
Va sottolineato che su questo aspetto la derivazione rafforzata non sembra giocare alcun ruolo (Assonime, circolare 14/2017). Da ciò deriva che se la partecipata distribuisce riserve di capitale (avendo esaurito le riserve di utili distribuibili non in sospensione d’imposta: articolo 47, comma 1, del Tuir), contabilmente si rileva un provento finanziario (solo eventualmente seguito da una svalutazione), mentre fiscalmente si realizza una riduzione del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, con emersione di imponibile solo in caso di “sottozero”.
Probabilmente il disallineamento va gestito a quadro RV del modello Redditi, per permettere al fisco il monitoraggio dei valori. Una complicazione di cui le società avrebbero fatto volentieri a meno.