Il valore del registro non fa plusvalenza
È illegittimo l’accertamento sulla plusvalenza fondato solo sulla rettifica ai fini dell’imposta di registro: la nuova norma, ha infatti valenza retroattiva e pertanto va applicata anche per i giudizi in corso. A confermare questo orientamento è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13571 depositata ieri.
L’Agenzia delle Entrate notificava un accertamento ad una contribuente rettificando la plusvalenza di un terreno edificabile prendendo in considerazione il valore accertato ai fini dell’imposta di registro sulla compravendita.
Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario eccependo, in estrema sintesi, un vizio di motivazione della pretesa perché fondata esclusivamente sulla rettifica ai fini dell’imposta di registro.
Entrambi i giudici di merito, sul punto, confermavano la legittimità dell’accertamento, così la contribuente ricorreva in Cassazione.
I giudici di legittimità, riformando la decisione, hanno innanzitutto rilevato che la Ctr non si era espressa sulle specifiche critiche mosse dalla ricorrente sull’errata valutazione dell’area. Il provvedimento era infatti fondato solo sull’atto di adesione sottoscritto dall’acquirente ai fini dell’imposta di registro e di ciò il collegio di merito aveva omesso ogni considerazione al riguardo.
La Suprema Corte ha così rilevato un’omessa pronuncia, ma ciò nonostante ha ritenuto non servissero ulteriori accertamenti sul punto per le novità normative intervenute nelle more.
Il D.Lgs. 147/2015, infatti, all’art. 5 co. 3 ha previsto che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
La Cassazione ha precisato che tale norma è applicabile anche ai giudizi in corso atteso il carattere interpretativo della stessa. Secondo i giudici di legittimità, inoltre, l’ulteriore conferma della retroattività della nuova previsione si desume dalla circostanza che il legislatore non ha indicato per essa alcuna decorrenza.
Nella specie, l’atto impositivo traeva fondamento solo dalla definizione intervenuta ai fini dell’imposta di registro, con la conseguenza che non era sufficientemente motivato.
La decisione conferma l’orientamento in materia assunto dalla Cassazione, secondo il quale la disposizione, avendo carattere interpretativo, ha applicazione anche per il passato (cfr sent. nr. 22221/2016). La giurisprudenza, fino all’emanazione di tale norma, non era univoca e pertanto sovente l’Agenzia emetteva atti privi di ulteriori riscontri, fondati cioè solo sull’adesione dell’acquirente alla rettifica ai fini dell’imposta di registro.
In considerazione dell’intervento normativo e delle ultime pronunce di legittimità, sarebbe auspicabile che gli uffici territoriali valutassero concretamente l’eventuale abbandono delle diverse liti pendenti così da evitare l’inutile prosecuzione di un contenzioso di sicura soccombenza con aggravio di spese.
La sentenza n. 13571/2017 della Cassazione