Imposte

Il versamento carente non blocca l’intera riserva da rivalutazione

Per l’Agenzia affrancamento del saldo attivo da calcolare al lordo della sostitutiva. Imprese al bivio tra ravvedimento e rischio rilievo sul residuo

di Giorgio Gavelli

Le imprese in contabilità ordinaria che hanno operato la rivalutazione dei beni d’impresa nel bilancio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 - scegliendo l’opzione fiscalmente onerosa e con affrancamento della riserva ai sensi dell’articolo 110, comma 3, del decreto Agosto (Dl 104/2020) - si interrogano sui comportamenti da tenere dopo la risposta a interpello 539/2021 (si veda l’articolo). In tale documento l’Agenzia, trattando un caso di riallineamento da parte di un soggetto Ias (ma nulla cambierebbe ipotizzando una rivalutazione anche da parte di un soggetto Oic-adopter), ha ribadito che «la base imponibile - da assumere per la determinazione dell’imposta dovuta in caso di affrancamento del saldo attivo risultante dalla rivalutazione - deve essere considerata al lordo dell’imposta sostitutiva versata per il riconoscimento fiscale degli effetti della rivalutazione». Quindi, ipotizzando in 1.000 l’importo della rivalutazione e in 30 l’imposta sostitutiva per acquisire l’efficacia fiscale della stessa, la sostitutiva del 10% per l’affrancamento sarebbe pari a 100 e non a 97. L’interpretazione è opposta a quella già più volte espressa dalla Cassazione (sentenza n. 11326/2020 e n. 32204/2019, ordinanza n. 9509/2018), secondo cui, così ragionando, si porrebbero sullo stesso piano le due diverse fattispecie della distribuzione e dell’affrancamento, laddove quest’ultimo – ove operato al lordo della sostitutiva sui plusvalori iscritti – verrebbe colpito con una imposta superiore rispetto alla riserva iscritta in bilancio, e non distribuibile ai soci.

Nei mesi scorsi molte imprese hanno confidato in un revirement delle Entrate che recepisse le pronunce della Suprema corte, versando l’importo inferiore.

Che fare a questo punto? Vediamo i diversi comportamenti possibili e le relative conseguenze, ricordando che la questione non interessa tutte le seguenti imprese:

• in contabilità semplificata;

• che hanno operato la rivalutazione solo a livello contabile, non versando l’imposta sostitutiva del 3 per cento;

• che hanno operato la rivalutazione anche con effetto fiscale ma che non hanno intenzione di “sbloccare” la riserva in sospensione d’imposta.

Per le altre, invece, una prima ipotesi (prudenziale) prevede – nel caso in cui i termini di versamento della prima o unica rata del tributo siano già scaduti - il ravvedimento operoso, versando la quota mancante con interessi e sanzioni ridotte (interessi e sanzioni non sono ovviamente dovuti quando si è ancora nei termini). Diversamente dall’affrancamento di valore delle aree e delle partecipazioni dei “privati”, infatti, la rivalutazione acquisisce effetto con l’indicazione nel modello dichiarativo e i versamenti possono essere oggetto di ravvedimento operoso.

Eventualmente si potrà presentare separatamente istanza di rimborso (anche da parte di chi ha versato allineandosi alla tesi delle Entrate), incardinando un probabile contenzioso per non perdere l’opportunità di riprendersi il differenziale laddove, alla fine, l’Agenzia dovesse cambiare idea o soccombere in giudizio.

Diversamente, alcune imprese potrebbero decidere di non procedere ad alcun ulteriore versamento, rischiando un accertamento ove non vi fosse, nel frattempo, alcun ripensamento delle Entrate. Ma cosa si rischia in questo caso? Riteniamo che l’eventuale recupero delle Entrate non dovrebbe riguardare l’assoggettamento a imposta dell’intera riserva (ove distribuita ai soci) considerata come ancora in sospensione d’imposta (anche se con eventuale riconoscimento della sostitutiva versata come “acconto”). Infatti, il comma 3 dell’articolo 110 è chiaro nell’indicare come l’affrancamento dell’imposta sostituiva possa avvenite «in tutto o in parte». Per cui, l’importo della riserva corrispondente all’imposta sostitutiva versata (complemento a 100 di 10) va considerato definitivamente affrancato, mentre la contestazione potrà riguardare, al massimo, la quota restante, peraltro considerando che, sino a quando tale importo non viene distribuito ai soci, non si crea materia imponibile per il Fisco.

Per completezza, citiamo anche due pronunce di merito favorevoli ai contribuenti: Ctp Bergamo n. 198/09/2009 e Ctp Ravenna n. 99/03/2010.

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