Imposte

Impatriati, agevolato anche l’amministratore che va a lavorare nella controllata italiana

La risposta a interpello 524: non sono ostativi la carica assunta nel precedente lavoro con la capogruppo estera, né il ruolo di amministratore della controllata italiana prima del trasferimento

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di Giovanni Parente

Sì al regime degli impatriati per il contribuente che si trasferisce a lavorare in Italia nella società controllata di cui mantiene la carica di amministratore e che, allo stesso tempo, conservi anche la sua carica nella capogruppo straniera. È quanto emerge dalla risposta a interpello 524/2022.

La richiesta era stata presentata da un cittadino italiano residente dal 1998 all’estero, dove lavorava con il ruolo di amministratore della società capogruppo. Ma non solo, perché era anche amministratore di due controllate inglesi e della controllata italiana. Con l’istanza di interpello alle Entrate, ha chiesto se poteva applicare il regime degli impatriati, dopo aver sottoscritto al lettera di impegno all’assunzione che prevede il suo trasferimento in Italia per svolgere nuove e ulteriori mansioni presso una delle controllate italiane per cui è già amministratore.

L’Agenzia dà il via libera all’agevolazione. La risposta ricorda che, in relazione al rientro in Italia di dipendenti di lavoratori esteri, l’articolo 16 del Dlgs 147/2015 non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato e, pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti). In questo senso si era espressa la circolare 33/E/2020. Mentre la risoluzione 72/E/2018 aveva precisato che l’autonomia dei rapporti contrattuali nell’ambito di un gruppo societario con diverse società ubicate ed operanti in Stati differenti non esclude, al verificarsi di tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma in esame, la possibilità di accedere al regime speciale per lavoratori impatriati, a nulla rilevando la circostanza che l’attività lavorativa sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo.

Nel caso esaminato, considerato che il contribuente «non si è trasferito all’estero in posizione di distacco», non è necessario per l’applicazione del regime «verificare se il rientro in Italia sia conseguenza della naturale scadenza del distacco e, quindi, in sostanziale continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, ovvero sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa». La circostanza che il richiedente, a seguito del trasferimento della residenza fiscale, presti in Italia la propria attività lavorativa, è ritenuto dalle Entrate «coerente con le finalità del regime agevolativo in esame la cui vis attrattiva promuove e favorisce l’acquisizione di forza lavoro qualificata da parte dell’Italia, indipendentemente dalla residenza del datore di lavoro».

Non è quindi ostativo al regime impatriati la duplice circostanza che richiedente mantenga la carica amministrativa assunta in costanza del suo precedente rapporto di lavoro con la capogruppo inglese e che, in base agli accordi con tale società in costanza del suo rapporto di lavoro con la stessa, abbia ricoperto l’incarico di amministratore della controllata italiana prima del trasferimento in Italia.

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