Impatriati, agevolato anche il rientro dopo un distacco
Per il restyling prospettato con il decreto crescita bisogna aspettare, ma intanto l’Agenzia chiarisce come si applica il regime speciale degli impatriati. Secondo un recente interpello della direzione regionale Entrate della Lombardia (prot. 904-107/2019), l’agevolazione vale anche per chi rientra in Italia rimanendo alle dipendenze dello stesso datore di lavoro dopo essere stato in distacco all’estero per almeno 24 mesi, purché svolga mansioni diverse e il rientro sia frutto di un nuovo accordo. Di fatto, l’Agenzia ricalca la posizione già espressa con la risoluzione 76/E dello scorso 5 ottobre e con la circolare 17/E/2017, ma declina in concreto un’interpretazione che in quei documenti era rimasta tra le righe.
Istituito dal decreto internazionalizzazione (Dlgs 147/2015, articolo 16), il regime ha subìto un paio di modifiche prima di assestarsi – dal 2017 – nella sua attuale formulazione. In pratica, il reddito di lavoro dipendente o lavoro autonomo prodotto in Italia dagli impatriati concorre alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% del proprio ammontare (per il periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza nel nostro Paese e per i quattro successivi).
La circolare 17/E citata (parte II, par. 3.1) esclude l’agevolazione per i lavoratori distaccati all’estero «in quanto il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma». Tuttavia, la risoluzione 76/E chiarisce che è sempre possibile concedere il regime degli impatriati in «specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa». Citando, ad esempio, i casi in cui il distacco sia stato più volte prorogato (così da determinare un allentamento dei vincoli con il territorio italiano) o quelli in cui il rientro non sia in continuità con la precedente posizione lavorativa svolta in Italia.
L’interpello qui commentato riguarda il caso di un manager, cittadino italiano eassunto da una società italiana, che si trova nella situazione seguente:
- è stato distaccato presso la controllata di Singapore, per sviluppare la presenza del gruppo nel Sudest asiatico;
- ha trasferito la residenza all’estero e si qualifica come soggetto non residente per i periodi d’imposta 2016-18;
- la formula del distacco è stata scelta per preservare la posizione contributiva (da un lato) e ottenere il permesso di lavoro locale (dall’altro);
- il contratto di distacco, inizialmente previsto per fine 2017, è stato rinnovato fino al 31 dicembre 2018 e prevedeva anche la possibile ricollocazione in altre società estere del gruppo;
il contratto di distacco è stato revocato per iscritto il 30 luglio 2018 e dal successivo 1° settembre il manager è tornato in Italia ricoprendo un diverso e più importante incarico rispetto a quello svolto all’estero.
Le Entrate danno il disco verde all’agevolazione, rilevando come nel caso specifico vengano rispettati i requisiti fissati dai documenti di prassi precedenti. In effetti, il distacco è stato prima prorogato e poi interrotto in anticipo rispetto alla scadenza naturale; inoltre, il contribuente, con la documentazione allegata all’interpello, ha dimostrato di essere stato destinato a mansioni superiori a quelle precedenti. Un aspetto interessante è che, rispetto alla risoluzione 76/E – in cui il lavoratore era rimasto all’estero per oltre dieci anni – in questo caso è bastato un periodo più breve.
Il chiarimento arriva mentre il decreto crescita prefigura un potenziamento dei vantaggi per i lavoratori che trasferiranno la residenza in Italia dal 2020. L’ipotesi è aumentare al 70% l’abbattimento dell’imponibile, applicando il regime anche a chi lavorerà «prevalentemente» in Italia e a chi avvierà qqui un’impresa dal 2020, ma bisogna attendere l’assetto definitivo della norma, per ora solo passata “salvo intese” in Consigli dei ministri.
Vengono poi prospettate maggiori agevolazioni per altri cinque anni ai contribuenti che si trovi in particolari situazioni (numero di figli minorenni, acquisto di una casa, trasferimento della residenza al Sud). Inoltre, l’agevolazione verrebbe estesa ai lavoratori italiani non iscritti all’Aire e rientrati in Italia dal 2020, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato in base a una convenzione contro le doppie imposizioni nei due anni precedenti.
Gli altri approfondimenti
Impatriati e regime fiscale agevolato, le ultime precisazioni delle Entrate (clicca qui per consultarlo)
tratto da Guida al Lavoro del 1 marzo 2019