Imposta di registro, retroattivo lo stop alle rettifiche su atti concatenati
La sentenza 39/2021 della Corte costituzionale: la modifica dell’articolo 20 del Tur è servita a ricondurre la norma nel suo alveo originario
La norma di interpretazione autentica che perciò riconosce la retroattività del nuovo articolo 20 della legge di registro (secondo cui l’interpretazione degli atti solo è limitata ai loro effetti giuridici senza rilevanza degli elementi extra-testuali) non è contraria alla Costituzione per ragioni di irragionevolezza. È quanto deciso dalla Corte costituzionale nella sentenza 39/2021 del 16 marzo.
Questa nuova decisione fa il paio con la sentenza della Consulta 158/2020, con cui venne rigettata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 20 del Dpr 131/1986 (il Tur, testo unico dell’imposta di registro) quale risultante a seguito delle modifiche recate dall’articolo 1, comma 87 della legge 205/2017 (come interpretato autenticamente dall’articolo 1, comma 1084, legge 145/2018).
Nel 2020 la Corte aveva affermato che: l’articolo 20 del Tur non è una norma anti elusiva, ma è una norma interpretativa dell’atto presentato alla registrazione; l’imposta di registro è un’«imposta d’atto» e quindi deve essere applicata agli effetti prodotti dall’atto presentato alla registrazione, senza che possano interferire valutazioni estranee all’atto medesimo; la materia imponibile è rappresentata dagli effetti “giuridici” che l’atto produce e non può avere ingresso alcuna valutazione di tipo “economico” sulla tassazione da applicare all’atto presentato alla registrazione.
Nella causa decisa con la sentenza 39/2021 la Corte costituzionale si è, dunque, occupata della pretesa incostituzionalità, per ragioni di irragionevolezza, della norma (il comma 1084) che ha dichiarato l’articolo 1, comma 87 della legge 205/2017 (il quale aveva modificato, come sopra, l’articolo 20 del Tur) essere una norma di «interpretazione autentica», riconoscendone quindi l’efficacia retroattiva.
L’irragionevolezza è stata argomentata dal giudice remittente principalmente in base alla considerazione che il comma 87 era ritenuto, per orientamento pressoché unanime della giurisprudenza di legittimità, una norma innovativa e non interpretativa: cosicché, forzando questa situazione, il legislatore, anziché tutelarla, avrebbe introdotto d’autorità una interpretazione difforme da quella consolidata, imponendola a fattispecie poste in essere nel vigore della norma contenuta nell’articolo 20 del Tur prima della sua modifica del 2017. A questo rilievo, la Corte costituzionale ribatte (dopo aver conferito piena conferma al suo precedente del 2020) che la modifica dell’articolo 20 del Tur è valsa a ricondurre tale norma nel suo alveo originario e cioé a chiarire in modo definitivo che l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione devono essere circoscritta ai loro effetti giuridici. Pertanto non è dirimente distinguere tra norme di interpretazione autentica e norme innovative con efficacia retroattiva, in quanto è decisivo che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza.