Imposte

Imposta di successioni, la rettifica sul valore dell’immobile guarda ai trasferimenti degli ultimi tre anni

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di Roberto Bianchi

La rettifica del valore dei beni immobili per l’imposta su successioni e donazioni deve considerare i trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie anteriori di non oltre tre anni, senza che ciò comporti l’immodificabilità del valore di mercato risultante da tali atti, limitandosi a indicare un parametro certo di confronto, in base al quale l’Ufficio deve determinare il valore del bene in comune commercio. Tale prescrizione deve pertanto ritenersi osservata non solo qualora, all’esito della verifica, quel valore sia confermato, ma anche nel caso in cui lo stesso sia preso a base dell’ulteriore valutazione che l’Ufficio è tenuto a compiere, nell’esercizio del potere/dovere di controllo del valore dichiarato. A tale conclusione è giunta la Cassazione attraverso la sentenza 15449/2019.

L’articolo 34 del Dlgs 346/1990 prevede che l’Ufficio del registro, nel caso in cui ritenga che la dichiarazione di successione, o la dichiarazione sostitutiva o integrativa, sia incompleta o infedele, provvede con lo stesso atto, alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, unitamente agli interessi dalla data di notificazione della liquidazione dell’imposta principale.

Il valore dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari è determinato dall’Ufficio avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data di apertura della successione, che hanno avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla menzionata data e nella medesima località per gli investimenti immobiliari, nonché a ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni fornite dai comuni.

In ogni caso non può essere sottoposto a rettifica il valore degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi, né i valori della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base, a norma dell’articolo 14 del medesimo decreto.

Qualora, invece, la dichiarazione risultasse omessa o non fossero state presentate le eventuali dichiarazioni integrative o sostitutive, l’Ufficio provvederebbe ad accertare l’attivo ereditario e a liquidare l’imposta dovuta, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti in base al comma 1 dell’articolo 35 del Dlgs 346/1990. In tutti i casi menzionati, l’avviso deve essere notificato, entro il termine di decadenza di cinque anni (sette dal 2016) dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione omessa.

In base al comma 640 dell’articolo 1 della legge n. 190/2014, nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa (comma 8 articolo 2 del Dpr 322/1998 e articolo 13 del Dlgs 472/1997), i termini all’articolo 27 del Dlgs 346/1990 decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori o delle omissioni.

Il precetto del comma 3 dell’articolo 34 del Dlgs 346/1990 deve pertanto considerarsi ottemperato anche nella circostanza in cui lo stesso venga preso a base della susseguente valutazione, che l’Amministrazione finanziaria è chiamata a eseguire nell’esecuzione dell’attività di verifica del valore dichiarato (Cassazione, sentenza 963/2018).

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