Imposte

Imu sugli orti, era più chiara la normativa Ici

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di Gian Paolo Tosoni

Può accadere che un’interpretazione sulla applicazione di una norma di legge, magari con l'intento agevolativo, conduca invece a complicare gli adempimenti per i contribuenti e magari con scarsissimi risultati per il fisco. È quello che accade a seguito della risposta a un question time del 4 maggio con la quale il Governo ha fatto rientrare nel concetto di terreno agricolo, sia i terreni incolti che quelli destinati ad orto, intendendo come tale la superficie di terreno destinato all'utilizzo familiare. Gli orti sono stati inclusi ai fini Imu tra i terreni agricoli ancorché i medesimi non siano destinati all'esercizio della attività agricola in modo professionale. A nostro parere, merita qualche considerazione questa assimilazione degli orti ai terreni agricoli in quanto in passato ai fini Ici tali superfici erano oggettivamente esclusi da imposta. Infatti, come ribadito dalla circolare 9/1993, gli orticelli, essendo, piccoli appezzamenti di terreno coltivati occasionalmente senza strutture organizzative, non hanno il carattere di terreno agricolo secondo la definizione fornita dalla lettera c) dell'articolo 2 del decreto legislativo n.504/1992 in materia di imposta comunale sugli immobili; nell'occasione fu precisato quindi che gli orti restavano oggettivamente al di fuori del campo di applicazione dell'Ici, senza necessità di verificare se il Comune in cui erano situati fosse o meno “montano”.

Va ricordato però, che mentre il presupposto dell'Ici era il «possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli» (articolo 1 del Dlgs. 504/1992) e che per terreni agricoli si intendevano quelli adibiti all'esercizio delle attività indicate nell'articolo 2135 del codice civile, l'Imu ha come presupposto impositivo il possesso di qualunque immobile e sotto questo profilo, l'orto lo è.

Tuttavia, l'assimilazione dell'orto al terreno agricolo, genera delle anomalie in quanto chi possiede e coltiva un orto non può essere né coltivatore diretto né Iap o comunque per tale superficie non ha diritto di esserlo. Ne consegue, quindi, che nelle zone di pianura non scatta alcuna esenzione ai fini Imu. A nostro parere la norma poteva essere interpretata in linea con la normativa Ici volta a escludere dalla imposta municipale queste superfici insignificanti in quanto l'articolo 13, comma 2 del decreto legge 201/2011 richiama le definizioni di cui all'articolo 2 del Dlgs 504/1992. Si osserva infatti che la base imponibile Imu, che si ottiene moltiplicando il reddito dominicale rivalutato del 25%, per il coefficiente 135, è soggetta a imposta con l'aliquota massima del 10,6 per mille; in moltissimi casi l'importo dell'imposta dovuta quindi sarà nulla in quanto i versamenti non sono dovuti se inferiori a 12 euro salvo diverso limite stabilito dal Comune.

Ineccepibile invece l'assimilazione dei terreni incolti a quelli agricoli, come ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione n.7369 dell'11 maggio 2012, secondo la quale è rispettata la natura del bene indipendentemente dalla effettiva destinazione. Ne consegue che un terreno agricolo incolto, situato in zona montana (come previsto dalla circolare del 14/06/1993 n. 9 del Ministero Finanze) è sempre escluso da Imu; se, invece, il terreno incolto è situato nei territori non montani, le esenzione da Imu scatta nella sola ipotesi in cui il terreno stesso sia posseduto da un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo professionale iscritto all'Inps.

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