Imu-Tasi, per gli immobili d’impresa coefficiente all’1,01%
L’Imu e la Tasi colpiscono anche gli immobili destinati ad attività produttive, commerciali, a servizi e uffici. La base imponibile, cioè il valore di partenza per il calcolo, è costituito dal valore “contabile” per i fabbricati non iscritti in catasto, appartenenti al gruppo D, posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, moltiplicati per i coefficienti aggiornati di anno in anno con Dm dell’Economia. L’ultimo è del 14 aprile 2017 ed è in attesa di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale: il coefficiente per il 2017 è stato fissato a 1,01 (uguale a quello dei tre anni precedenti). Proprio i fabbricati di categoria D (opifici, alberghi, eccetera) hanno subìto negli ultimi anni un aumento dell’imposizione, dovuto ad almeno due fattori: la riserva statale con aliquota dello 0,76% e l’impossibilità di applicare le agevolazioni già previste dai Comuni. Dal 2013 lo Stato incassa il gettito Imu derivante dagli immobili classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76%, con possibilità per i Comuni di aumentare l’aliquota di ulteriori 0,3 punti percentuali (sino ad arrivare al tetto massimo del 10,6 per mille).
I fabbricati D sono in linea di principio soggetti anche a Tasi, salvo che il Comune non abbia deciso di escluderli dall’imposta, sempre considerando che se l’ente ha deliberato l’Imu nella misura massima del 10,6 per mille non vi è spazio per l’applicazione della Tasi (fanno eccezione i comuni che hanno adottato la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille). Ci sono però due correttivi per alleggerire il carico fiscale: l’esonero Imu per i fabbricati “merce” costruiti dalle imprese edili ma rimasti invenduti; e la deducibilità parziale (20%) dal reddito d’impresa dell’Imu sui fabbricati strumentali. La Tasi, invece, si applica ai fabbricati “merce” ed è deducibile dal reddito d’impresa.