In salvo la lettera d’intento tardiva
Il tardivo invio all’agenzia delle Entrate della dichiarazione di intento consegnata dall’esportatore abituale al proprio fornitore, affinché quest’ultimo effettui le operazioni di fornitura senza addebito dell’Iva, costituisce una mera violazione formale non sanzionabile. È quanto sostenuto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con tre sentenze “gemelle” del 5 luglio scorso (2965, 2966 e 2967, sezione 13, presidente e relatore Izzi), che segnano un nuovo punto a favore del contribuente in una materia ancora oggetto di numerose controversie.
La vicenda, relativa al regime he era in vigore prima delle modifiche apportate dal Dlgs 175/2014 (che hanno posto in capo all’esportatore abituale l’obbligo di comunicare all’Agenzia i dati delle lettere di intento emesse nei confronti dei propri fornitori), riguarda alcune forniture effettuate da una società negli anni 2009, 2010 e 2011 nei confronti di un esportatore abituale.
In particolare, la Direzione provinciale II di Milano contestava alla società di non avere comunicato tempestivamente all’ufficio i dati contenuti nelle lettere di intento ricevute. Tale adempimento era stato espletato solo successivamente, in data 17 luglio 2014, comunque prima della verifica da cui ha tratto origine la contestazione. Su queste basi, l’ufficio contestava la violazione dell’articolo 7, comma 4-bis, del Dlgs 471/1997, “pro tempore” vigente, irrogando una sanzione pari al 100% dell’Iva non addebitata in fattura.
La società impugna l’atto impositivo, lamentandone l’illegittimità perché la sanzione in esame troverebbe applicazione nelle sole ipotesi di omessa, incompleta o inesatta comunicazione della dichiarazione di intento e non anche nel caso di comunicazione effettuata tardivamente. Inoltre, la violazione non ha ostacolato in alcun modo l’attività di controllo e non ha inciso sulla determinazione del tributo. Pertanto, secondo la società, costituisce una mera violazione formale.
Sia i giudici di primo grado sia i giudici di appello danno ragione alla società. La Ctr riepiloga gli adempimenti cui è (era, prima del Dlgs 175/2014) tenuto il fornitore dell’esportatore abituale per potere legittimamente operare senza addebito di imposta:
• numerazione progressiva delle dichiarazioni di intento ricevute;
• annotazione entro 15 giorni nell’apposito registro;
• riporto dei relativi estremi sulle fatture emesse;
• verifica del modello utilizzato per le dichiarazioni di intento secondo le prescrizioni del Dm 6/12/1986;
• trasmissione per via telematica all’agenzia delle Entrate dei dati.
Nel caso di specie, la società aveva rispettato tutte le prescrizioni previste, ad eccezione del tempestivo invio telematico dei dati relativi alle dichiarazioni di intento (invio effettuato comunque prima dell’inizio del controllo fiscale). Pertanto la violazione commessa dalla società non è equiparabile alla totale assenza dell’inoltro della dichiarazione di intenti, risolvendosi di contro in una violazione formale che non ha impedito all’amministrazione l’esercizio dei normali controlli e non ha causato alcun danno all’Erario. Di conseguenza la sanzione irrogata è meritevole di annullamento.
In termini analoghi si era già espressa altra giurisprudenza di merito, tra cui Ctp Milano 430/40/2015, Ctp Varese 15/12/2013, Ctr Lombardia 5601/19/2014.
Ctr Lombardia 2965, 2966 e 2967/13/2017