Imposte

Incentivi ricerca e sviluppo al nodo commesse estere

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di Emanuele Reich e Franco Vernassa

In tema di credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo, gli operatori sono alla ricerca di certezze sulla portata della norma interpretativa introdotta dall’articolo 1, comma 72, della legge 145/2018, relativamente alla spettanza del beneficio in caso di ricerca commissionata da una committente estera a una società commissionaria italiana, in genere all’interno di uno stesso gruppo. Poiché la questione può impattare sui progetti di ricerca passati, presenti e futuri, è auspicabile un chiarimento da parte del Mise e dell’agenzia delle Entrate che non penalizzi inutilmente le attività di ricerca comunque svolte nel territorio dello Stato.

La norma interpretativa chiarisce che il comma 1-bis dell’articolo 3 del Dl 145/2013, concernente il riconoscimento del credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo ai soggetti residenti commissionari che eseguono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese residenti o localizzate in Ue, See ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al Dm 4 settembre 1996 («controparti estere qualificate»), si interpreta nel senso che ai fini del calcolo dell’agevolazione assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.

Per comprendere quale sia l’ambito di applicazione della norma ora citata pare opportuno fare un breve excursus sull’evoluzione normativa di questo particolare aspetto del beneficio.

Sulla base del testo originario dell’articolo 3 del Dl 145/2013, come modificato dall’ articolo 1, comma 35, della legge 190/2014, nell’ipotesi di ricerca commissionata da un’impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel territorio dello Stato italiano, a una impresa residente o alla stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente, non potevano beneficiare del credito d’imposta né la prima, per mancanza del presupposto della territorialità, né le seconde, in quanto in base ai principi generali il beneficio non spetta ai commissionari della ricerca, ma solo ai committenti. In tal senso si era espressa la Relazione illustrativa al decreto 27 maggio 2015, contenente le disposizioni di attuazione.

Poiché tale impostazione frustrava la convenienza di delocalizzare la ricerca dall’estero all’Italia, la legge 232/2016 intervenne opportunamente, al fine di stabilire che, a decorrere dall’esercizio 2017, il credito d’imposta spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con le controparti estere qualificate.

In questo quadro, in cui risulta evidente l’intento di favorire i centri di ricerca italiani di gruppi multinazionali, si inserisce ora la norma interpretativa, secondo cui il commissionario italiano per fruire dell’agevolazione deve svolgere le attività «direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato».

La ratio dell’intervento è evidente e condivisibile: si intendono penalizzare le delocalizzazioni di attività dall’estero all’Italia solo apparenti, ossia prive di sostanza economica, e si intende riconoscere l’agevolazione, che è a carico dell’erario italiano, solo ad attività che siano svolte e abbiano una ricaduta sul territorio dello Stato. In tal senso, allora, la portata della norma pare essere ragionevolmente la seguente:

1) il commissionario italiano deve avere personale, locali ed attrezzature in Italia adeguati a svolgere e coordinare il progetto di ricerca;

2) qualora il commissionario si avvalga anche dell’attività di sub commissionari, sia terzi sia infragruppo, l’agevolazione può spettare pure su questa parte di costi qualora tali soggetti svolgano la loro attività «in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato».

Tale impostazione non penalizza infatti in alcun modo la ratio della norma interpretativa, perché non estende il beneficio ad attività svolte all’estero, ma solo ad attività che mantengono una connessione territoriale con l’Italia.

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