Contabilità

Incorporazione retrodatabile dall’inizio dell’esercizio non ancora approvato

di Enrico Holzmiller

Nelle fusioni societarie, la cosiddetta “retrodatazione convenzionale” viene spesso utilizzata per motivi di ordine pratico.

Sotto tale termine convergono essenzialmente tre tipi di retrodatazione, ovvero:

•retrodatazione “reddituale”, che identifica la data a partire dalla quale le partecipazioni attribuite in concambio partecipano gli utili;

•retrodatazione “contabile”, che fissa una data (anche diversa da quella di cui al punto precedente) dalla quale gli effetti patrimoniali e reddituali delle operazioni compiute dalle società incorporate o fuse, fino alla loro “estinzione”, sono attribuite alla società incorporante o risultante dalla fusione;

•retrodatazione “fiscale”, che permette di anticipare il momento a decorrere dal quale le operazioni delle società fuse o incorporate concorrono a formare il reddito imponibile della società risultante o incorporante. Tale previsione è contenuta nell’articolo 172 tuir, che al comma 9 prevede che «gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante».

La retroattività contabile/fiscale permette di evitare la redazione del bilancio riferito al periodo cosiddetto “interinale”, evitando al contempo la correlata dichiarazione fiscale.

Seguendo il tenore letterale della norma, ad esempio, laddove sia l’incorporante che l’incorporata avessero l’esercizio coincidente con l’anno solare e il procedimento di fusione terminasse il 30 agosto 2017, la data più remota per la retroattività contabile/fiscale sarebbe il 31 dicembre 2016 (all’atto pratico, si fisserà la data ai primo gennaio 2017). Ad analoga conclusione - permanendo l’esercizio solare in capo all’incorporante - si perverrebbe anche nel caso in cui l’incorporata avesse esercizio non solare (chiuso, ad esempio, al 30 giugno 2016).

Vi è tuttavia da dire che sussiste una corrente dottrinaria che identifica il riferimento dell’articolo 172 Tuir alla «data… in cui si è chiuso l’ultimo esercizio» non già come l’ultimo giorno dell’esercizio stesso, ma come l’ultimo bilancio approvato.

Seguendo questa corrente di pensiero, quindi, si potrebbe effettuare una retrodatazione a far data addirittura dall’inizio dell’esercizio già terminato, ma non ancora approvato.

Quest’ultima è stata la tesi (vincente) sostenuta dal contribuente in un contenzioso terminato con la sentenza n. 2900/24/2017, emessa dalla Ctr Lombardia (deposito avvenuto lo scorso 29 giugno).

Il caso trattato dai giudici milanesi attiene ad una fusione per incorporazione tra due società di capitali: l’incorporante, avente esercizio solare, e l’incorporata, con esercizio a fine giugno. Dalla sentenza emerge che «la fusione è del 30 giugno 2011» (efficacia reale). La retrodatazione fiscale risulta essere stata fissata al 1° luglio 2010, quindi ben prima della chiusura dell’esercizio precedente alla data dell’efficacia reale (31 dicembre 2010), dovendosi ritenere - secondo la tesi appena illustrata, ed ancorchè ciò non sia stato esplicitato nella sentenza - che l’ultimo bilancio approvato fosse stato quello relativo al 2009.

Secondo l’ufficio, stante il tenore letterale dell’articolo 172, comma 9 Tuir, la fusione societaria si sarebbe potuta retrodatare, al massimo, al 31 dicembre 2010. Effettuando una retrodatazione addirittura al 1° luglio 2010, di fatto la società incorporata avrebbe omesso di presentare la dichiarazione per il secondo semestre 2010.

La decisione dei giudici pare interessante in quanto - dopo aver constatato il regolare pagamento degli acconti da parte dell’incorporata (che l’ufficio non voleva tenere in considerazione, attesa la mancata presentazione della dichiarazione suddetta) - focalizza l’attenzione sulla sostanza rispetto alla forma. Secondo la Commissione,infatti, «va considerata, in concreto, la libertà negoziale delle parti, come legislativamente tutelata. Una scelta imprenditoriale non può essere frustrata da un peso interpretativo dell’ufficio» precisando altresì che non tener conto degli acconti versati dall’incorporata avrebbe costituito un indebito arricchimento.

Pur apprezzando l’approccio pragmatico dei giudici, vale rammentare l’esistenza di una posizione contraria da parte dell’Oic n.4, secondo il quale «la data dalla quale far decorrere la retroattività fiscale, e quella contabile, non può risalire oltre l’inizio del’esercizio (dell’incorporante) nel quale si completa il procedimento di fusione».

Ctr Lombardia, sentenza 2900/2017

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