Indagini bancarie anche sui dipendenti
È legittimo l’accertamento basato sui movimenti del conto corrente di un lavoratore dipendente: si tratta di una presunzione di carattere generale che non è rivolta solo ad imprese e professionisti. Ad affermarlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza 104 depositata ieri.
L’agenzia delle Entrate eseguiva delle indagini bancarie nei confronti di un lavoratore dipendente. In seguito a questi controlli veniva notificato un avviso di accertamento che era impugnato dinanzi al giudice tributario.
Il contribuente eccepiva che la presunzione prevista in tema di indagini finanziarie non valeva nella specie, poiché non si trattava di reddito di lavoro autonomo o di impresa, poiché era lavoratore dipendente.
Entrambi i giudici di merito confermavano la legittimità della pretesa e il contribuente ricorreva così in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della norma.
La Suprema Corte nella sua decisione ha, innanzitutto, ricordato che la presunzione derivante dalle indagini bancarie trasferisce sul contribuente l’onere della prova: è lui a dover dimostrare in modo analitico l’estraneità di ciascun movimento rispetto a fatti imponibili.
In particolare, è previsto che i dati e gli elementi acquisiti attraverso le indagini bancarie possono essere posti a base degli accertamenti e rettifiche se il contribuente non dimostra di averne tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta. I giudici di legittimità hanno così evidenziato che la norma espressamente non si rivolge solo ad imprese e professionisti, con la conseguenza che, essendo di portata generale, è applicabile anche al lavoratore dipendente.
La decisione conferma un orientamento già espresso in proposito, ma che induce a qualche riflessione. Sarebbe infatti auspicabile, che in simili accertamenti, gli uffici oltre alla mera sommatoria matematica delle movimentazioni considerate imponibili, indicassero anche la tipologia di reddito presunto e non dichiarato.
Va, infatti, considerato che un contribuente privato non ha alcun obbligo di redazione e conservazione delle scritture contabili e pertanto per poter assolvere all’onere di prova contraria, dovrebbe comprendere quale sia la natura reddituale contestata.
Cassazione, ordinanza 104/2018