Controlli e liti

Indagini finanziarie, l’onere della prova è a carico del contribuente

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di Roberto Bianchi

Nell’ambito delle verifiche ai fini delle imposte sui redditi, nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’amministrazione finanziaria venga comprovato mediante riscontri bancari, l’onere probatorio dell’Ufficio viene soddisfatto, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 32 del Dpr 600/1973, attraverso le informazioni e gli elementi emergenti dai menzionati conti, verificandosi un’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente il quale è chiamato a dimostrare che, gli elementi arguibili dalla movimentazione bancaria non sono ascrivibili a operazioni imponibili, comprovando che ciascuna delle operazioni effettuate risulti essere estranea a qualsivoglia circostanza imponibili. La menzionata presunzione legale relativa vincola pertanto l’agenzia delle Entrate a dare per assodato il fatto che i movimenti bancari, effettuati sui conti correnti intestati al contribuente, siano allo stesso imputabili, non dovendo procedere all’analisi delle singole operazioni, attività posta a carico del contribuente in conseguenza dell’inversione dell’onere probatorio.
A fornire questa interpretazione è la Cassazione con la sentenza n. 15448/2018 .
Un contribuente ha proposto ricorso per Cassazione nei confronti di una sentenza della Ctr che, accogliendo l’appello dell’Ufficio nel giudizio introdotto in conseguenza alle indagini finanziarie sulla base delle “presunzioni” di cui all’articolo 32 del Dpr 600/1973, tramite le quali è stato contestato un maggior reddito, ha confermato la fondatezza della pretesa erariale.
Il Giudice di merito ha ritenuto corretto il comportamento dell’Ufficio il quale, antecedentemente all’emissione dell’atto impositivo, ha invitato il contribuente a produrre la documentazione e a fornire i chiarimenti richiesti con il questionario, invito a cui il contribuente non ha risposto.
Nel ricorso alla Corte Suprema il contribuente ha denunciato la violazione e l’errata applicazione degli articoli 32 e 38 del Dpr 600/1973, in relazione all’articolo 360, n. 3, criticando la sentenza di merito poichè l’Ufficio si sarebbe limitato a una valutazione epidermica delle movimentazioni finanziarie avvenute sui conti correnti intestati al ricorrente, ritenendo che le somme movimentate conservassero, in forza della presunzione di cui all’articolo 32 del Dpr 600/1973, la loro natura reddituale, non avendo il contribuente fornito la prova della genesi non reddituale delle medesime.
Per il Collegio di legittimità il ricorso è inammissibile, in quanto, per consolidato orientamento della Corte Suprema, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario risulti essere incentrato sulla verifica dei conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione viene soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente, il quale è chiamato a dimostrare che, gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria, non sono riferibili a operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, prova analitica con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cassazione 18081/2010). La presunzione legale relativa posta dalla menzionata norma vincola l’Ufficio ad assumere per certo che i movimenti bancari effettuati sui conti correnti intestati al contribuente siano a lui imputabili, senza che risulti necessario procedere all’analisi delle singole operazioni, attività posta a carico del contribuente, in virtù dell’inversione dell’onere della prova (Cassazione 7766/2008).
La pronuncia non appare condivisibile in quanto l’articolo 32 del Dpr 600/1973 non disciplina alcuna presunzione legale ma semplicemente i risultati dell’attività conoscitiva derivante dalle indagini finanziarie, i quali devono necessariamente essere fatti confluire nell’atto di accertamento, secondo le disposizioni regolatrici di quest’ultimo.

Cassazione civile, sezione V, sentenza 15448 del 13 giugno 2018

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