Controlli e liti

Infedeltà plurima senza il beneficio della non punibilità

di Alessandro Galimberti

Limiti stretti alla non punibilità per tenuità del fatto nelle ipotesi di dichiarazione fiscale infedele. Se il contribuente è responsabile di una pluralità di violazioni, anche all’interno del medesimo procedimento, non può beneficiare della “depenalizzazione” delle sue condotte da contribuente infedele.

Lo ha stabilito la Terza sezione penale della Cassazione - sentenza n° 11045/17, depositata ieri - che ha dichiarato inammissibile il ricorso di una coppia di imprenditori cagliaritani, condannati in concorso per violazione dell’articolo 4 del decreto legislativo 74/2000.

Tra i numerosi motivi dell’impugnazione di legittimità c’è anche l’istanza per il riconoscimento della speciale tenuità del fatto - pertanto da dichiarare non punibile - a carico della coimputata, a cui la Corte d’appello aveva “condonato” un’annualità per chè prescritta nelle more del procedimento penale. Tuttavia a carico della donna restava la contestazione di una dichiarazione dei redditi infedele e di quattro annualità di Iva, con l’esito processuale finale di 10 mesi di reclusione.

L’imprenditrice, evidentemente anche alla luce dell’esiguità della condanna, ha impugnato il verdetto in Cassazione per vedersi riconoscere la non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del Codice penale, riformulato con il dlgs 28/2015. La Corte ha tuttavia respinto alla radice la pretesa difensiva, rimarcando la combinazione di presupposti necessaria per poter applicare la causa di esclusione penale. Non serve soltanto il requisito della pena (non superiore a 5 anni nella previsione astratta della fattispecie) ma è richiesta congiuntamente la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Quanto al primo versante, va valutato secondo le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo (applicando i criteri dettati dal codice penale all’articolo 133: tempo, luogo, oggetto, mezzi, specie, natura). Una volta appurato che il danno da reato è «particolarmente tenue», il giudice dovrà passare a scrutinare la «non abitualità» della condotta, che nel caso specifico è contraddetta proprio dalla progressione delle annualità evase (4 di Iva più una dei redditi) giudicate «imponenti e reiterate» dalle stesse corti di merito.

C’è inoltre un ulteriore ostacolo giurisprudenziale al riconoscimento della particolare tenuità del fatto nel processo ai due imprenditori cagliaritani, vale a dire il vincolo della continuazione tra i reati contestati dall’accusa e sopravvissuto nelle due sentenze di merito. Più volte la Cassazione ha statuito la non applicabilità dell’istituto “condonatorio” del codice penale in presenza di un reato continuato, in quanto questa fattispecie non è altro che una rifrazione del «comportamento abituale», a sua volta causa ostativa per il “colpo di spugna” penale. (sentenze 43816/15 e 26813/16, tra le altre).

La sentenza n. 11045/2017 della Cassazione

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