Imposte

Investimenti in start up e voucher per consulenza in innovazione: bonus non cumulabili e da coordinare

Le regole del Mise sulle agevolazioni riconosciute agli investitori in start up e Pmi innovative devono collegarsi a quelle già attive per il voucher

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di Stefano Mazzocchi

Le agevolazioni riconosciute a chi investe in start up e Pmi innovative (regolate dal decreto Mise del 28 dicembre scorso) vanno coordinate con le agevolazioni già attive e più precisamente con il decreto del 7 maggio 2019 che regola il cosiddetto voucher per consulenza in innovazione. È bene precisare subito che le discipline – come sottolineato dal quinto comma dell’articolo 1 del Dm 28 dicembre 2020 – sono alternative tra loro. Perciò, ad oggi non può esservi tra di esse alcun rapporto di complementarietà. In sostanza, le due agevolazioni non sono – precisa la norma – «cumulabili (…) per la medesima operazione finanziaria».

I limiti previsti
A tal proposito non appare definito all’interno del Dm 28 dicembre 2020 cosa si debba intendere per «medesima operazione finanziaria»; anche nel regolamento comunitario da cui quest’ultima agevolazione trae origine e ispirazione non è ben comprensibile a cosa si debba fare riferimento.

Logica vorrebbe che ogni singola operazione di dotazione di equity (con riguardo probabilmente alla singola operazione di equity richiesta dall’impresa) possa o debba rappresentare «una medesima operazione finanziaria». In attesa degli opportuni chiarimenti, è di tutta evidenza che possono rientrare nell’agevolazione solo quelle operazioni che per le start up o Pmi innovative presentano un limite massimo a 200mila euro nell’arco dei tre esercizi dell’impresa beneficiaria (articolo 4, comma 1).

La nuova agevolazione, quindi, a differenza del decreto del 2019, pone un limite ben preciso all’investimento in equity: un limite che non è invece riscontrabile né temporalmente (i tre esercizi) né in valore assoluto (fino a un massimo di 200mila euro) nel decreto del 7 maggio 2019.

Gli aspetti da valutare
Questa differenza dev’essere ben ponderata al momento della scelta del tipo di agevolazione cui si intende accedere, ricordando tra l’altro che:
● l’agevolazione del 2020 è riservata esclusivamente a persone fisiche e società di persone con esclusione dei soggetti Ires;
● in base al comma 6 dell’articolo 1 del decreto del 28 dicembre 2020 la detrazione “naturale” per gli investimenti in imprese innovative «spetta prioritariamente a quella prevista» dal decreto interministeriale del 7 maggio 2019 (anche in questo caso sarebbe opportuno un chiarimento sui meccanismi di applicazione fra i due ambiti).

Infatti è chiaro che solo con la presentazione della domanda alla piattaforma di cui all’articolo 5 dello stesso decreto si permette l’innesco dell’agevolazione, che diviene quindi un’opzione volontaria da parte dell’impresa e dell’investitore.

Occorre dunque ricordare che l’opzione per l’agevolazione spetta alla sola impresa beneficiaria e non al soggetto investitore, il quale non ha titolo apparente nell’intervenire nella richiesta del beneficio da parte dell’azienda innovativa.

Non si comprende in modo chiaro cosa e come possano le due agevolazioni funzionare in modo sincrono fra di loro rispetto al rapporto fra impresa beneficiaria dell’investimento e soggetto che effettua l’investimento in start up o Pmi innovative.

Si sottolinea che per le Pmi innovative nel decreto non vi è alcun collegamento temporale con l’anzianità della stessa azienda, che nel decreto del 2019 è invece elemento centrale. L’agevolazione per le Pmi innovative è riconosciuta in funzione dell’anzianità rispetto alla prima vendita commerciale (sette anni o senza limiti temporali ex articolo 5, comma 1). Ecco quindi che in questo caso non è necessario formalizzare ed elaborare i documenti richiesti, né che si concretizzino le ipotesi sottostanti per l’ottenimento dell’agevolazione.

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