Irap, costi auto e spese telefoniche senza forfait per le società di capitali
La deducibilità Irap dei costi auto e delle spese relative alla telefonia, sostenute da società di capitali ed enti commerciali, non soggiace alle limitazioni previste nell’ambito delle imposte dirette. In caso di contestazioni, quindi, spetta all’amministrazione finanziaria il compito di dimostrare che il bene non è utilizzato nell’attività d’impresa ovvero che la quantificazione dei costi dedotti non è congrua rispetto all’utilizzo effettivo.
L’ articolo 5 del Dlgs 446/1997 stabilisce che la base imponibile Irap delle società di capitali e degli enti commerciali è determinata dalla «differenza tra il valore e i costi della produzione», con esclusione di alcune specifiche voci, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.
La rilevanza Irap dei componenti positivi e negativi, in sostanza, segue il principio di derivazione dal bilancio, con la conseguenza che i costi devono essere assunti ai fini fiscali secondo quanto imputato a conto economico, salvo sussistano deroghe espresse nella normativa Irap. Da quanto detto consegue che, se dimostrata l’inerenza, i costi auto e le spese di telefonia dovrebbero risultare interamente deducibili senza scontare le rispettive limitazioni del 20% e dell’80% previste in ambito Ires (percentuale che scende al 30% in caso di auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti).
Partendo dalla premessa che i costi sostenuti debbano essere normalmente connotati dal generale requisito di inerenza al valore della produzione, la circolare 36/E/2009 – riferendosi alle spese rispetto alle quali il Tuir stabilisce delle presunzioni legali di utilizzo promiscuo, con relativa limitazione della deducibilità – si era spinta a sostenere che l’inerenza di tali costi «può essere considerata senz’altro sussistente anche ai fini dell’Irap qualora vengano dedotti importi di ammontare non superiore a quelli determinati applicando le disposizioni previste per le imposte sul reddito».
L’inapplicabilità di tale soluzione risultava tuttavia evidente considerando che l’articolo 1 comma 50 lettera g) della legge 244/2007 (Finanziaria 2008) aveva abrogato l’articolo 11-bis del Dlgs 446/1997, norma che imponeva l’obbligo di apportare ai valori civilistici dei costi e dei ricavi le variazioni in aumento e in diminuzione previste ai fini delle imposte sui redditi. Tali variazioni sono quindi inapplicabili ai fini Irap.
La circolare 39/E/2009 ha corretto il tiro, chiarendo che le indicazioni fornite con il precedente documento di prassi erano orientate unicamente a definire un’«area di sicurezza» all’interno della quale il contribuente può scegliere di posizionarsi qualora nutrisse dei dubbi sul modo in cui l’inerenza di alcuni componenti negativi potrebbe essere valutata dal fisco. Semplificando: il contribuente può, nel dubbio, collocarsi in questa area deducendo importi di ammontare non superiore a quelli determinati applicando le disposizioni Ires, ritenendo in tal caso sicuramente integrato il requisito di inerenza.
Alla luce del contesto fin qui descritto è evidente che, fermo restando la necessità di documentare l’inerenza della spesa sostenuta, il comportamento del contribuente non deve comunque essere influenzato dal timore di contestazioni basate sulla mancata applicazione delle percentuali di deducibilità previste ai fini Ires. Tali percentuali, in sostanza, non hanno valore di presunzione e non sono autonomamente utilizzabili in un’ottica di accertamento.
Le eventuali contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria, potranno solo fondarsi sul riscontro che il bene non è stato utilizzato nell’attività d’impresa, ovvero che la percentuale di deduzione applicata non era congrua rispetto all’effettivo utilizzo del bene stesso.