Adempimenti

Irap, perimetro imposto dalla legge statale

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di Enrico De Mita

Con la sentenza 128 del 28 maggio, la Corte costituzionale è tornata sul tema fondamentale della potestà legislativa attribuita alle Regioni nella normativa Irap, ribadendo la necessità che questa potestà sia esercitata nei limiti fissati dal legislatore statale (177/2014, 357/2010), quasi a ribadire, in continuità politica con la recente 122/2019 dello scorso 20 maggio, che non comprimere l’autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali non significa né può significare alcuna deroga al rispetto della potestà legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, comma 2°, lettera e), Costituzione).

Le Regioni non possono disporre l’aumento dell’aliquota Irap al di fuori del perimetro delineato dal legislatore statale con il Dlgs 446 del 1997 che aveva riconosciuto la facoltà di maggiorazione solo per l’aliquota ordinaria e non per quella speciale e transitoria disciplinata dall’articolo 45, comma 2 del Dlgs 446 del 1997. Con la sentenza 128 depositata lo scorso 28 maggio, la Corte costituzionale ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme regionali (articolo 1, comma 6 Lr Marche 35/2001; articolo 5, comma 1 Lr Lazio 34/2001 e correlata statuizione della Tabella A allegata; articolo 7, comma 1 Lr Sicilia 2/2002, limitatamente al periodo di imposta 2002 per i soggetti di cui agli articoli 6 e 7 del Dlgs 446 del 1997, ossia per le banche e altri enti e società finanziari, nonché per le imprese di assicurazione).

La questione è stata sollevata, nell’ambito di giudizi introdotti da istituti bancari per rimborso Irap 2002, dalla Ctp di Padova e dalla Ctr Lazio, che hanno censurato alcune disposizioni regionali che apportano, per il periodo di imposta 2002, per gli istituti bancari, un incremento dell’aliquota Irap rispetto a quella fissata dal Dlgs 446/1997, prospettando la lesione della potestà legislativa statale esclusiva in materia di sistema tributario dello Stato, in quanto la facoltà di variazione delle aliquote sarebbe stata riconosciuta alle Regioni, limitatamente all’aliquota ordinaria dell’Irap, e non anche all’aliquota speciale, fissata nella misura del 4,75 per cento per il periodo di imposta del 2002 per le banche e altri enti e società finanziari, nonché per le imprese di assicurazione.

La Corte ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha già chiarito che questa facoltà di variazione è riferibile alla sola aliquota ordinaria e non anche alle aliquote speciali (357/2010). Per l’anno d’imposta 2002, pertanto, non era passibile di variazioni regionali l’aliquota del 4,75 per cento. Solo dall’anno successivo al 2002, cessata la disciplina transitoria, trova applicazione la disciplina che attribuisce alle Regioni la potestà di variare l’aliquota fissata dal legislatore statale fino ad un punto percentuale. Questa lettura era già stata posta alla base della declaratoria di incostituzionalità della norma regionale lombarda (Lr Lombardia 27/2001 articolo 1, comma 5).

Anche per la legge della Regione siciliana 2 del 2002, la Corte conferma il proprio indirizzo consolidato, con un richiamo forte a questa Regione, per la quale valgono comunque i limiti segnati dalla legislazione statale, relativi alla singola imposizione, non derogabili neppure in nome del «potere di integrare la disciplina dei tributi erariali». Questa integrazione è legittima solo se rispetta i limiti della legislazione statale (152/2018, 138/1999, 111/1999), rimanendo nel perimetro delineato dalla normativa statale.

Laddove questo perimetro sia violato, non è possibile accedere alla sanatoria speciale accordata dalla legge 350/2003, in attesa del completamento dei lavori dell’alta commissione di studio per il federalismo fiscale.

Non si tratta, infatti, di sanare disposizioni regionali in tema di Irap emanate «in modo non conforme» ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale. Si tratta di casi in cui il potere di maggiorazione dell’aliquota speciale Irap era normativamente escluso: il potere era, perciò, assente.

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