Controlli e liti

Istanza di adesione con raccomandata: vale la data di invio

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di Laura Ambrosi

È legittima l’istanza di adesione spedita per raccomandata in busta chiusa e in tale ipotesi, ai fini della tempestività, vale la data di spedizione e non di ricezione da parte dell’Agenzia. A fornire questo importante chiarimento è la Corte di cassazione con la sentenza 3335/2017 depositata ieri.

La vicenda trae origine dall’istanza di adesione presentata con raccomandata in busta chiusa da una contribuente in relazione a un accertamento ricevuto. L’agenzia delle Entrate riteneva inammissibile l’istanza e la contribuente impugnava l’accertamento. L’ufficio, in sede di costituzione, chiedeva preliminarmente il rigetto per inammissibilità, nel presupposto che l’invio dell’istanza in busta chiusa faceva decorrere i termini dalla data di ricezione della stessa da parte dell’Ufficio, con la conseguenza che nella specie, tale istanza era giunta oltre la scadenza per impugnare. Solo il collegio di appello la riteneva tempestiva, ma avverso la decisione l’Agenzia ricorreva in Cassazione.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che in via generale è possibile presentare istanze all’amministrazione a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento e secondo un orientamento consolidato della Suprema Corte, i termini stabiliti per la presentazione sono osservati qualora le stesse siano spedite in tempo utile. Il verificarsi dell’effetto impeditivo non può dunque essere subordinato alla ricezione degli atti da parte del destinatario. Di contro, però, l’obbligo della Pa di provvedere o rispondere alle istanze, sorge soltanto con la effettiva ricezione. Con riferimento all’adesione, i giudici, aderendo a precedenti pronunce (sentenza 17314/2014), hanno confermato la legittimità della presentazione, pur se avvenuta con raccomandata in busta chiusa.

Nella decisione è poi chiarito che la violazione dell’articolo 20 del Dlgs 546/92 (secondo il quale la notifica del ricorso può avvenire con raccomandata in plico aperto) attraverso l’utilizzo della busta e anche se priva di qualsiasi indicazione dell’atto racchiuso, costituisce una mera irregolarità, se il contenuto e la riferibilità alla parte non siano contestati. In conclusione, è stato poi affermato che per la verifica della tempestività dell’istanza di accertamento inviata con raccomandata in busta, fa fede la data di spedizione, poiché costituisce il momento «determinativo dell’impedimento della decadenza».

Il chiarimento è particolarmente importante poiché il decreto che disciplina l’accertamento con adesione (Dlgs 218/97) non dispone le modalità di presentazione. Peraltro va segnalato che in calce agli avvisi di accertamento, tra le avvertenze per il contribuente, l’Agenzia si limita a indicare che l’istanza va «inviata o consegnata» all’Ufficio in carta libera, senza alcuna specifica sulla necessità di plico aperto. La posizione dell’Agenzia deriva da due circolari (11/2011 e 28/2002), ma la Cassazione in passato aveva già precisato (sentenza 17314/2014) che tali documenti di prassi sono solo l’interpretazione o un parere dell’amministrazione, certamente non vincolante né per il contribuente né, tanto meno, per il giudice.

Alla luce di tale ormai costante orientamento, sarebbe auspicabile anche per attuare il tanto decantato rapporto di collaborazione tra Fisco e contribuente, che gli Uffici si astenessero da tali eccezioni, atteso che come avvenuto nella causa oggetto di decisione, la posizione assunta ha impedito l’adesione e alimentato il contenzioso, ossia esattamente il contrario degli effetti auspicati dagli istituti deflattivi.

Cassazione, sezione tributaria, sentenza 3335/2017

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