Imposte

Iva, solo una frode può bloccare la detrazione per l’acquirente

I giudici lombardi sembrano riaprire una questione assodata per la Corte Ue

Il diritto alla detrazione dell’Iva in capo al cessionario/committente non può essere subordinato all’effettivo pagamento dell’imposta da parte del cedente/prestatore.
La riflessione nasce dalla lettura della sentenza 4586/2021 della commissione tributaria di Milano che, in presenza di frode, pretenderebbe di negare il diritto a detrazione del cessionario per il fatto che il cedente non ha versato l’imposta. Senza entrare nel dettaglio del thema decidendum, preme sottolineare che, in presenza di un’operazione di compravendita effettiva, del tutto neutra dal punto di vista delle imposte dirette – dove, tra l’altro, non sussistono elementi per attribuire al compendio compravenduto un valore differente rispetto a quello indicato nel contratto – la Commissione ha confermato il recupero dell’Iva detratta dal cessionario per un importo pari all’imposta non versata dal cedente. Ciò in quanto, secondo i giudici, le parti operano all’interno di un disegno di frode.

La vicenda

Nello specifico, la fattura per la cessione di un’area edificabile emessa dal cedente Alfa veniva pagata con bonifici dal cessionario Beta; tali bonifici erano prontamente rigirati ai soci della società Alfa i quali a loro volta finanziavano la società Beta. Acquisita la certezza dell’omesso versamento dell’Iva da parte di Alfa che non trovava il danaro per versare l’Iva riscossa da Beta, ma lo trovava per versarlo ai propri soci, la Commissione contesta (cosa di cui si dubita) il comune intento frodatorio ai fini dell’Iva e di conseguenza disconosce la detrazione in capo all’acquirente.La peculiarità del caso e la non condivisione del principio espresso dalla sentenza impone grande cautela nell’estenderlo ad altre situazioni. Infatti, non si tratta di un’operazione oggettivamente o soggettivamente inesistente, dove è in discussione rispettivamente l’effettività dell’operazione ovvero il soggetto che è tenuto a versare l’imposta. Nel caso in questione l’operazione di compravendita è stata effettivamente posta in essere (dunque non può intendersi fittizia) e il soggetto obbligato al pagamento dell’Iva è correttamente identificato. Tanto è vero che, dal punto di vista delle imposte dirette, non sono rilevate irregolarità.Il problema risiede piuttosto nel fatto che, secondo l’organo giudicante, il cedente non ha versato all’Erario gli importi pagati dal cessionario e che ciò non è un evento estraneo a quest’ultimo. In altre parole, essendo l’intento di evadere l’imposta condiviso dal cessionario, o comunque a lui noto, secondo la Commissione va negata l’imposta detratta.

Il diritto alla detrazione

Tali conclusioni, tuttavia, non vanno generalizzate. Vero è che nel sistema generale dell’imposta esiste una stretta correlazione tra il diritto di detrazione (a valle) e il pagamento dell’imposta (a monte) come principio di salvaguardia degli interessi erariali. La simmetria appare evidente già laddove l’articolo 167 della direttiva Iva (articolo 19, Dpr 633/72) collega la nascita del diritto alla detrazione al momento in cui «l’imposta detraibile diventa esigibile», intendendo per «esigibilità» il diritto che l’erario può far valere, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito.
In sostanza, in riferimento a una cessione di beni o prestazione di servizi, il diritto di credito del cessionario/committente nei confronti dell’Erario (ad esempio la detrazione) nasce contestualmente alla posizione di debito che il cedente/prestatore assume nei confronti del medesimo (ad esempio l’esigibilità), ma non è subordinato all’effettivo pagamento dell’imposta.
In tal senso sia la lettera della norma sia la giurisprudenza. Significativa, la nota sentenza Italmoda, causa C-131/13, con cui la Corte di giustizia europea ha definitivamente chiarito che il diniego di detrazione può scaturire solo in caso di accertamento dell’esistenza di una frode o della effettuazione di operazioni abusive. Il diniego, infatti, non avrebbe una funzione sanzionatoria, ma deriva dalla mancanza dei presupposti che sono alla base dell’applicazione dell’imposta.
Dunque, se è vero che il soggetto che intende effettuare la detrazione è tenuto ad assumere informazioni sul fornitore da cui intende acquistare beni/servizi al fine di sincerarsi della sua affidabilità, l’Autorità fiscale non può esigere che tale soggetto, al fine di assicurarsi che non ci siano irregolarità o evasioni a livello degli operatori a monte, debba effettuare dei controlli per verificare, tra l’altro, che l’emittente della fattura abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’Iva (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza causa C-324/11).
Individuando i presupposti del diritto alla detrazione nell’esigibilità e nel possesso della fattura (circolare 1/E/2018), anche l’agenzia delle Entrate non sembra richiedere ulteriori condizioni, tra cui l’effettivo pagamento. Ovviamente se manca la frode.

Le due posizioni a confronto
1. La corte di Giustizia Ue
Detrazione non negabile
L’Autorità fiscale non può negare il diritto a detrazione per il fatto che il soggetto passivo non si sia assicurato che l’emittente della fattura, avesse lo status di soggetto passivo, che disponesse dei beni ceduti e fosse in grado di cederli, che avesse soddisfatto i suoi obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’Iva, benché ricorrano i presupposti formali e sostanziali previsti dalla Direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di elementi che giustifichino il sospetto di irregolarità o di frodi nella sfera dell’emittente
Corte di Giustizia Ue, sentenza C-324/11

2. La ctr di Milano
Detrazione negabile
Nel caso in cui vi sia certezza dell’omesso versamento dell’Iva da parte del cedente che non trova il danaro per versare l’imposta riscossa dal cessionario, ma lo trova per versarlo ai propri soci che, a loro volta finanziano la società cessionaria, esiste un disegno di frode comune tra le parti che giustifica il recupero dell’Iva in capo al cessionario per lo stesso importo, non versato dal cedente e che il cessionario si è detratto.
Essendo l’intento di evadere l’imposta condiviso dal cessionario o, comunque, a lui noto, l’imposta detratta va negata.
Ctr Lombardia, pronuncia n. 4586/2021

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