Imposte

Iva, lo split payment prova a estendere ancora il perimetroe

di Gianni Trovati

Dopo essere stato uno dei protagonisti fiscali della correzione primaverile dei conti pubblici, lo split payment torna sui tavoli tecnici anche in vista della legge di bilancio. In gioco, però, ci sono per ora aggiustamenti «chirurgici», che puntano prima di tutto a risolvere i problemi operativi creati dai confini incerti nell’applicazione testimoniati dagli elenchi ballerini delle realtà chiamate a questa scissione contabile.

Il filone, come rimarcato lunedì dalla sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, è quello della lotta all’evasione Iva. Lo split payment, che si traduce nel pagamento di fatture già “ripulite” dall’Iva, serve a cancellare alla radice il rischio che il fornitore no riversi all’Erario l’imposta sul valore aggiunto, cioè la voce principale di tutte le classifiche sull’evasione. Imposto prima ai fornitori della Pa ed esteso da luglio a chi lavora con le aziende controllate dagli enti pubblici e con le società quotate al Ftse Mib, ora la scissione contabile potrebbe vedere allargarsi ancora il proprio raggio d’azione. Allo studio c’è l’idea di applicarlo anche alle aziende speciali, come le “municipalizzate” che non hanno assunto la forma societaria, agli enti pubblici economici (Dogane e la neonata agenzia delle Entrate-Riscossione), oltre che alle società in cui il controllo della Pa si esercita con la maggioranza congiunta di più amministrazioni. Di più, al momento, sarebbe difficile fare anche perché, come sempre quando si tocca l’Iva, la modifica delle regole deve passare da un accordo con la commissione europea (negato in passato, per esempio, quando si provò ad applicare lo split nella grande distribuzione).

In fatto di risorse da recuperare la novità non sarebbe rivoluzionaria, perché in gioco secondo le prime stime dei tecnici ci sono poche decine di milioni all’anno. E proprio questo, al momento, è una delle ragioni dell’incertezza che ancora circonda le scelte finali. La questione, però, interessa da vicino gli operatori perché servirebbe a risolvere una serie di incognite nate dopo la manovrina.

Per definire l’elenco dei soggetti a cui le imprese fornitrici devono presentare la fattura alleggerita dall’Iva, infatti, il decreto attuativo del 13 luglio scorso ha fissato un’istruzione apparentemente lineare: lo split payment va applicato a tutti i soggetti per i quali è già in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica. In quest’ottica, il ministero dell’Economia spiegava che «le aziende speciali applicano il meccanismo della scissione dei pagamenti dato che rientrano fra i soggetti destinatari della fatturazione elettronica». Proprio quest’ultimo passaggio, però, ha disorientato gli operatori, perché le aziende speciali non rientrano (tranne pochi casi) negli elenchi Istat della pubblica amministrazione. Un intervento come quello al momento inserito nel menu delle opzioni per la manovra, servirebbe quindi a fissare per legge il tentativo già avviato in via interpretativa.

L’intervento sullo split payment entra comunque nell’orizzonte più ampio delle nuove misure contro l’evasione e le frodi Iva, che poggiano prima di tutto sull’ampliamento dell’obbligo di fatturazione elettronica agli scambi commerciali tra aziende private. Anche in questo caso, l’ultima parola passa dall’Europa, che però avrebbe già manifestato il proprio assenso: la partenza generalizzata del nuovo obbligo è comunque prevista solo per il 2019, e potrebbe essere anticipata da una sorta di sperimentazione limitata ad alcune categorie. Tutta italiana, e delicata sul piano politico, è invece la decisione su una nuova riduzione del tetto alle compensazioni automatiche dei crediti Iva, che potrebbe essere dimezzato passando da 5mila a 2.500 euro.

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