Imposte

Iva, nei voucher i dettagli su beni e servizi ceduti

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di Gianpaolo Sbaraglia e Gabriele Sepio

Arrivano le precisazioni di Assonime sul nuovo trattamento Iva dei «buoni-corrispettivo» previsto dal Dlgs 141 del 2018. In attesa dei chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria sul tema, la circolare pubblicata ieri prova a fare il punto sulle nuove regole Iva previste per i voucher emessi dal 1° gennaio 2019 a partire dalle tipologie di «buoni corrispettivo» che rientrano nell’ambito applicativo della nuova disciplina.

Stando alla lettera della norma il buono è uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi. A tal fine il buono (o i documenti correlati) dovrà indicare una serie di informazioni indispensabili ai fini della individuazione dello stesso nell’ambito della categoria «monouso» o «multiuso», come, ad esempio, beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative.

Si qualifica come «monouso», il buono per il quale, in ogni suo trasferimento, è nota la «disciplina Iva» applicabile alla cessione dei beni o alla prestazione di servizi sottesa. In questo caso l’Iva è dovuta fin dalla sua emissione, anticipando , dunque, il momento impositivo a prescindere dall’effettuazione della prestazione sottostante. Nel caso del «multiuso», invece, non è nota al momento della emissione del buono la disciplina Iva applicabile all’operazione sottesa, con conseguente irrilevanza ai fini Iva del trasferimento dello strumento fino al momento della spendita dello stesso. Secondo Assonime, il requisito essenziale di tali buoni risiede nella precisa indicazione dei beni e servizi che possono essere acquistati mediante la loro presentazione al fornitore.

Tale indicazione deve riguardare la qualità e la quantità dei beni e servizi e non soltanto la generica indicazione della tipologia. Solo in presenza di tali requisiti si può, dunque, individuare l’operazione sottesa ai fini della qualificazione del documento come «buono corrispettivo» con conseguente applicazione delle nuove regole.

Agli stessi fini non sarebbe richiesta, invece, precisa Assonime, la conoscenza del luogo dell’effettuazione dell’operazione, utile, al contrario, a distinguere, all’interno della categoria dei buoni corrispettivo, quelli «monouso» da «multiuso».

Rileva la circolare che il voucher è monouso quando già al momento dell’emissione sia conosciuto il luogo in cui la cessione o la prestazione sia effettuata – e quindi la territorialità dell’operazione – nonché quando sia certo che tale operazione sia imponibile o non imponibile. Vale la pena rilevare tuttavia, che, stando alla relazione illustrativa allegata al Dlgs 141 del 2018, la conoscenza del bene o servizio sotteso al buono non verrebbe richiesta tanto per qualificare il buono come «corrispettivo», ma solamente come scriminante ai fini della distinzione tra «monouso» e «multiuso» ( in questo ultimo caso mancherebbe infatti una puntuale indicazione del bene o servizio).

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