Controlli e liti

L’accollo fiscale integra il reato di indebita compensazione

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di Andrea Taglioni

La compensazione di un debito tributario altrui mediante la creazione di crediti inesistenti integra il delitto di indebita compensazione. Pertanto, è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti del soggetto che porta in compensazione crediti fittizi per estinguere il debito tributario di un soggetto terzo.
È la conclusione a cui è giunta la Terza Sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 6945/2018 depositata ieri.

Il ricorso per Cassazione fa seguito all’impugnazione dell’ordinanza con cui il Tribunale, nell’accogliere l’appello della Procura, disponeva il sequestro preventivo per equivalente dei beni mobili ed immobili nella disponibilità dell’indagato fino alla concorrenza della somma contestata. L’indagato sosteneva, in estrema sintesi, l’insussistenza della responsabilità penale in quanto la sua posizione di accollante, a seguito del cosiddetto «accollo fiscale», non poteva essere ricompresa tra i soggetti attivi del reato di indebita compensazione.

La Cassazione ha confermato la misura cautelare evidenziando l’illeceità dell’operazione posta in essere sotto un duplice aspetto. Da un lato, infatti, i giudici sottolineano come l’istituto della compensazione non prevede la possibilità dell’estinzione del debito altrui, trovando applicazione solamente per le compensazioni poste in essere tra i medesimi soggetti.

Dall’altro, il collegio osserva come il debito tributario oggetto di accollo, estinto utilizzando in compensazione i crediti inesistenti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario, integra la fattispecie penale anche per colui che volontariamente si è fatto carico del debito del terzo. Infine la Cassazione ricorda che il profitto del reato, nel caso di indebita compensazione, deve essere individuato nell’intera somma compensata mediante l’utilizzo dei crediti fittizi.

Cassazione, sentenza 6945/2018

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