L’annullamento a favore della società si estende ai soci
L’annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società con sentenza pronunciata per motivi attinenti al merito della pretesa tributaria e non per vizi di notifica o per altra causa non rapportabile ai soci, spiega i suoi effetti anche a favore dei soci. A confermare questo interessante principio è la Corte di cassazione con l’ ordinanza n. 29161 depositata il 6 dicembre.
A seguito di avviso di accertamento con cui era contestato maggior reddito a una società di persona, l’agenzia delle Entrate rettificava anche le dichiarazioni dei singoli soci per il conseguente reddito di partecipazione ai fini Irpef. Poiché l’accertamento in capo alla società veniva annullato, i giudici di merito ritenevano conseguentemente nulli anche gli atti in capo ai soci
L’Agenzia ricorreva per cassazione. I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso. Secondo la Suprema Corte, l’annullamento dell’accertamento notificato alla società sancito con sentenza passata in giudicato, pronunciata come nella specie, per motivi attinenti al merito della pretesa tributaria e non per vizi della notifica dell’atto impositivo o per altra causa non rapportabile ai soci, spiega i suoi effetti a favore di tutti i soci, i quali possono quindi opporlo all’amministrazione finanziaria che è stata parte in causa nel relativo processo. Ne consegue che la pretesa fiscale sul maggior reddito di partecipazione Irpef in capo ai soci va ritenuta infondata in conseguenza dell’annullamento, con forza di giudicato, dell’atto impositivo emesso nei confronti della società
A nulla rileva poi che il giudicato sulla sentenza della società si sia formato successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, in quanto il socio l’aveva prontamente eccepito. Da segnalare che in base ai principi del giusto processo e della sua ragionevole durata, secondo la Cassazione, il giudicato in questione poteva essere rilevato anche d’ufficio perché formatosi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.
Il principio espresso dai giudici di legittimità riguarda il maggior reddito imputato ai soci di una società personale, si ritiene tuttavia che esso possa trovare applicazione anche nei confronti dei soci di società di capitali a ristretta base azionaria cui, di frequente, l’Agenzia addebita una occulta distribuzione di utili in virtù della citata ristretta base azionaria.
Cassazione, VI sezione civile, ordinanza 29161 del 6 dicembre 2017