Adempimenti

L’appalto non genuino fa perdere Iva e Irap

Indeducibilità dei costi dalla base imponibile Irap e indetraibilità dell’Iva per il contratto d’appalto che maschera una somministrazione di manodopera

di Giorgio Gavelli e Massimo Sirri

Indeducibilità dei costi dalla base imponibile Irap e indetraibilità dell’Iva per il contratto d’appalto che maschera una somministrazione di manodopera. Sono queste le conclusioni della sentenza n. 1984/05/2021 del 4 maggio scorso della Ctp Milano (presidente Giucastro, relatore Chiametti) nel caso in cui il presunto prestatore di servizi ha commesso plurime violazioni tributarie (omessa presentazione di dichiarazioni fiscali e mancato versamento di imposte) in un complessivo contesto di irregolarità, nel quale il rappresentante legale della società “appaltatrice” sarebbe addirittura inconsapevole delle modalità di svolgimento dell’attività.

Nella fattispecie, la committente non avrebbe assolto l’onere di provare il diritto rivendicato alla deduzione/detrazione, a nulla valendo gli elementi (a dire il vero piuttosto deboli, almeno a quanto risulta dalla narrativa della sentenza) portati a sostegno della propria buona fede. Anzi, nella prospettiva dei giudici, la successiva assunzione da parte della contribuente di alcuni dipendenti del fornitore per non privarsi del relativo apporto lavorativo, confermerebbe che, a prescindere dalla buona fede, la “realtà fattuale” diverge da quella rappresentata nelle fatture controverse, trattandosi di una mera “messa a disposizione di manodopera” e non di un appalto genuino. Preso atto della soluzione adottata nel caso specifico, restano tuttavia intatte le delicate problematiche sottese a tali vicende.

Un primo profilo concerne l’intromissione nella discussione della qualifica di inesistenza “oggettiva” delle prestazioni contestate, con potenziali effetti anche sulla deducibilità dei costi ai fini Ires/Irpef. Non è ciò che l’ufficio contesta nella circostanza (correttamente, si ritiene), ma è quanto non sembra del tutto estraneo al pensiero del collegio giudicante, il quale riferisce dell’inesistenza delle fatture “emesse per operazioni aventi natura giuridica diversa da quella indicata”.

Si tratta di un orientamento che pare faticosamente superato anche da parte dell’amministrazione finanziaria e che non andrebbe in alcun modo riproposto. Per altro verso, la frequenza di simili controversie (a testimonianza di un inesorabile cambiamento dei processi produttivi) dovrebbe indurre a riflettere sull’urgenza di un loro inquadramento che non sia solo giudiziale. Il Dl 124/2019, in realtà, è intervenuto a disciplinare le prestazioni di appalto e subappalto caratterizzate da prevalente utilizzo di manodopera. E ciò, proprio nell’intento, come riferisce anche la circolare 1/E/2020, di porre un freno all’evasione dell’Iva e delle ritenute per lavoro dipendente che spesso connota tali operazioni.

Per restare all’Iva, la norma considera che queste prestazioni rientrano nel campo applicativo dell’imposta (ancorché l’Ue abbia negato l’applicabilità del reverse charge) e varrebbe dunque la pena che di ciò prendessero atto gli uffici prima, e i giudici poi. Nella stessa direzione, del resto, seppur con le dovute distinzioni, sembra andare anche la giurisprudenza comunitaria (sentenza C- 94/19) in relazione alla fattispecie, per molti versi analoga, delle prestazioni di distacco del personale.

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