Controlli e liti

L’archiviazione è elemento di prova nel processo fiscale

di Massimo Romeo

Il decreto penale di archiviazione, intervenuto per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento degli uffici finanziari, è un elemento di prova per il giudice tributario, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie. È il principio che emerge dalla sentenza della Cassazione, n. 17624/2018 (in questa direzione, anche l’ordinanza 17619/2018, si veda il Sole 24 Ore del 6 luglio).

La controversia ha ad oggetto avvisi di accertamento e cartelle di pagamento, emessi a carico di una Srl, ai fini Iva, Irpeg, Irap per imposte su redditi non dichiarati dalla contribuente in virtù della ritenuta esenzione decennale. Fra i vari motivi d’impugnazione l’ufficio chiedeva l’annullamento della sentenza d’appello, per avere la Ctr attribuito valore di giudicato a un decreto di archiviazione emesso nei confronti dell’amministratore della società.

I giudici delle leggi respingono sul punto il ricorso dell’ amministrazione finanziaria sottolineando come, in materia di contenzioso tributario, nel giudizio trovino ingresso anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna, ed il giudice tributario non possa, quindi, limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma sia tenuto, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, a procedere ad un apprezzamento del contenuto della decisione.

In questo caso la Corte ritiene che la Ctr si sia correttamente limitata ad attribuire al decreto penale di archiviazione, intervenuto per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento tributario, una valenza di elemento di prova.

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