Controlli e liti

L’area edificabile usata come giardino non è pertinenza e paga l’Imu

Per la Ctr Lombardia 3129/3/2021 la destinazione «a servizio» del fabbricato non è stabile e può essere rimossa

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di Luigi Lovecchio

La natura pertinenziale di un’area edificabile ai fini Imu deve essere dimostrata dalla sua stabile destinazione a servizio o ornamento del fabbricato. Allo scopo, non è sufficiente che essa sia adibita a giardino, poiché tale funzionalità ben può essere rimossa in qualunque momento. Ciò, tanto più che la asserita qualificazione pertinenziale appare contrastata sia dall’assenza di riscontri dichiarativi sia dall’attività svolta dal titolare della stessa finalizzati all’ottenimento di concessioni a edificare. La conclusione è contenuta nella sentenza n. 3129/3/2021 della Ctr Lombardia (presidente Rollero, relatore Chiametti).

Il problema della natura pertinenziale delle aree scoperte si pone soprattutto quando le stesse hanno una potenzialità edificatoria inespressa. In tal caso, infatti, ai fini dell’applicazione dell’Imu, l’area non è considerata autonomamente tassabile come suolo fabbricabile ma è assoggettata a imposta unitamente al fabbricato. Per questo motivo, la consolidata giurisprudenza di Cassazione è molto restrittiva nel riconoscere la suddetta qualificazione di pertinenzialità. Allo scopo, occorre infatti che il suolo non possa avere altra destinazione senza una radicale trasformazione (Cassazione, 22128/2010).

Uniformandosi a tali principi, il collegio lombardo ha pertanto escluso che la mera destinazione a giardino dell’area scoperta possa essere sufficiente a impedire la configurazione della stessa come bene edificabile. A supporto di tale affermazione, la Ctr ha peraltro valorizzato ulteriori elementi di valutazione. Uno di questi è la mancata indicazione in dichiarazione del suolo come pertinenza. Sebbene si tratti di argomentazione pienamente conforme alle decisioni della giurisprudenza di vertice, va detto che di essa non vi è traccia nella disciplina di riferimento dove non si menziona in alcun punto l’obbligo dichiarativo come aspetto costitutivo della nozione di pertinenza.

Altre circostanze considerate, senza dubbio più convincenti, sono inoltre rappresentate dalle procedure amministrative anche in sanatoria attivate dal titolare in funzione di una possibile futura utilizzazione edificatoria del suolo. Non sembra, invece, corretta l’apodittica asserzione secondo cui la condizione di usufruttuario del soggetto passivo sarebbe di per sé incompatibile con la qualificazione pertinenziale, in ragione della temporaneità della prima. Il codice civile non prescrive in alcun modo che l’asservimento della pertinenza debba effettuarsi “per sempre”, essendo sufficiente una certa stabilità nel tempo che non è affatto incompatibile con il diritto dell’usufruttuario non precario, in quanto regolato, a monte, da un negozio giuridico.

In proposito si segnala che con la riforma dell’Imu, introdotta dal primo gennaio 2020 dalla legge 160/2019, la definizione di pertinenza è divenuta, se possibile, ancora più rigorosa. Occorre, infatti, che l’area sia conforme alla nozione urbanistica di pertinenza – in realtà, non compiutamente delineata nella normativa di comparto – nonché iscritta catastalmente insieme al fabbricato.

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