L’attestatore «inadempiente» non può insinuarsi al passivo
L’attestatore non ha diritto di insinuarsi al passivo se dà per buono un credito Iva, basato su un diritto di rivalsa subordinato al pagamento del dovuto e condizionato dall’accettazione di una transazione da parte dell’Agenzia. L’inadempimento, per la non utilità della prestazione, scatta anche se la società viene ammessa alla procedura di concordato. La Cassazione, con la sentenza 27759 , respinge il ricorso del professionista, secondo il quale la scarsa efficacia del suo intervento non poteva essere dedotta solo da un problema interpretativo di una norma tributaria. Il ricorrente respingeva l’accusa di aver recepito in maniera acritica i dati aziendali e considerato fattibile il piano, senza fare cenno alla normativa tributaria, quando invece aveva semplicemente condiviso l’interpretazione fornita dalla società. Per i giudici la sola indicazione che la fattibilità del piano era subordinata all’accettazione della transazione fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate non poteva, al contrario, soddisfare quanto si richiede all’attestatore.
La Cassazione nega anche che sia fondata la tesi affermata nel ricorso, secondo la quale in presenza di un coacervo di norme fiscali, applicabili al concordato non si può parlare di inadempimento del professionista solo sulla base della sua interpretazione di una disciplina non pacifica. Ad avviso del professionista doveva essere applicato l’articolo 2236 del Codice civile che, in tema di responsabilità del prestatore d’opera, limita la responsabilità al dolo e alla colpa grave, quando i problemi tecnici da risolvere sono di speciale difficoltà. La Cassazione nega però che esista un automatismo nell’estendere al concordato la norma invocata. Mentre la legge segnala per l’attestatore l’esigenza del rigore, senza esoneri di responsabilità. Né l’ammissione alla procedura concordataria, oggetto poi di rinuncia, basta a far presumere l’adempimento o ad invertire l’onere della prova. La presenza di una questione giuridica opinabile, non basta dunque ad escludere l’inadempimento, specie se, come nel caso esaminato, l’attestatore non dà conto del fatto che la proposta formulata dalla società comportava l’esistenza di una questione giuridica né dei motivi per i quali la soluzione era condivisibile.
Sempre ieri la Suprema corte, con la sentenza 27758 , ha respinto analoga domanda di insinuazione al passivo del liquidatore di una Spa. Il ricorrente era stato radicalmente escluso dallo stato passivo, per aver aggravato il dissesto della società, con la richiesta di un concordato preventivo, privo dei presupposti di legge, tanto da risultare inammissibile. In particolare al liquidatore era stato contestato di non aver verificato la solvibilità della società affittuaria dell’azienda, non riuscendo dunque ad incassare i canoni dovuti. Per i giudici si trattava di inadempimenti relativi alla gestione della società prima della domanda di concordato. Una condotta non prudente da parte di un liquidatore in una società in procinto di fallire.
Cassazione, VI sezione civile, ordinanza 27758 del 31 ottobre 2018
Cassazione, VI sezione civile, ordinanza 27759 del 31 ottobre 2018