L’atto di destinazione può essere revocato
L’atto di destinazione (articolo 2645-ter del Codice civile) compiuto in pregiudizio del creditore è passibile di revocatoria.
Questo il principio dettato dal Tribunale di Arezzo con la sentenza del 24 agosto scorso, n. 966/2017, nel solco della sentenza della Corte di appello di Bologna del 10 agosto 2017, n. 1845/2017 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 26 ottobre).
Una madre, cui era stato notificato un decreto ingiuntivo nel 2009, opposto ma confermato con sentenza del febbraio 2014, con atto trascritto a maggio 2014, aveva destinato un immobile di sua proprietà (l’unico, a quanto consta) a favore della figlia minore. Gli interessi perseguiti (in sé ritenuti meritevoli di tutela) erano garantire alla minore un’abitazione, nonché il mantenimento, l’istruzione e il sostegno fino al raggiungimento della sua indipendenza economica ma non oltre il trentatreesimo anno di età. Una destinazione “pura”, non accompagnata da un trasferimento della proprietà.
Il giudice aretino riscontra tutte e quattro le condizioni richieste dell’articolo 2901 del Codice civile: un credito non contestato e un atto di disposizione del debitore. Tal è qualsiasi atto idoneo a incidere sul patrimonio del debitore, sia dal punto di vista quantitativo, sia dal punto di vista qualitativo. La terza condizione è il pregiudizio alle ragioni del creditore. I beni destinati possono costituire oggetto di esecuzione solo per debiti contratti per lo scopo. Il vincolo rende più difficile, se non impossibile, al creditore l’esazione del proprio credito. La convenuta avrebbe dovuto dimostrare la disponibilità di ulteriori beni idonei al soddisfacimento del creditore, ma tale prova è mancata. La quarta condizione è relativa alla consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore. La prova può essere data per presunzioni e il Tribunale di Arezzo ha ritenuto sufficiente la specifica dinamica temporale. L’atto di destinazione era infatti di poco successivo a un precedente giudizio che aveva visto vittorioso il creditore revocante, con formazione di un titolo esecutivo in suo favore: tanto è bastato per ritenere l’atto di destinazione intenzionalmente diretto a sottrarsi a un’azione esecutiva prossima.
Vincolo dunque inefficace nei confronti del creditore procedente, con condanna della debitrice alle spese.
Si conferma, così, una presunzione giurisprudenziale di frode, che, dal 27 giugno 2015, è diventata una presunzione legale. L’articolo 2929-bis del Codice civile, introdotto dal Dl 83/2015, consente oggi al creditore, munito di titolo esecutivo e pregiudicato da un atto di destinazione a titolo gratuito successivo al sorgere del credito, di procedere direttamente a esecuzione forzata, se trascrive il pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto di destinazione. Il debitore può opporsi provando che l’atto non ha arrecato pregiudizio o che egli non ha avuto conoscenza del pregiudizio. La regola ci dice che nessuno può compiere liberalità a spese dei propri creditori. La bilancia dà prevalenza all’interesse del creditore sull’interesse del debitore. Ma c’è interesse e interesse. La legge 112/2016 sul “dopo di noi”, ad esempio, fertilizza l’idea che i trust, i contratti di affidamento fiduciario e gli atti di destinazione in favore di persone con disabilità, adeguati allo scopo e proporzionati al patrimonio del debitore, hanno un altro peso, anche valoriale.