Controlli e liti

L’atto non conosciuto dal contribuente va allegato all’accertamento

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di Emilio de Santis

All’avviso di accertamento deve essere allegato l’atto richiamato, di cui il contribuente non sia a conoscenza, nel caso in cui l’avviso stesso non sia di per sé sufficientemente motivato e le motivazioni siano invece esplicitate nell’atto richiamato.
Infatti, il contribuente ha il diritto di avere la piena conoscenza di tutti gli elementi fondanti la pretesa fiscale, in modo da escludere che la mancata conoscenza di alcuni di essi possa incidere negativamente sulle scelte difensive del contribuente.
Pertanto, laddove un avviso di accertamento faccia riferimento a un pvc - le cui motivazioni non siano riportate nell’atto impositivo - mai comunicato o consegnato al contribuente destinatario dell’avviso stesso, questa situazione fa ritenere sussistenti le violazioni agli articoli 42 del Dpr n. 600/1973, 56 del Dpr n. 633/72 e 7 della legge n. 212/2000.
Lo afferma la sentenza 21768/2017 della Cassazione, che accoglie il ricorso del contribuente avverso la decisione della Ctr Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 84/09/12. Quest’ultima aveva riformato integralmente la sentenza della Ctp favorevole al contribuente, che aveva impugnato un avviso di accertamento per Iva, Irap e Ires del 2004 - , notificatole sulla base di un pvc redatto dalla Gdf a carico di altra società, la quale aveva emesso nei confronti del contribuente quattro fatture per operazioni ritenute inesistenti.
Due dei motivi accolti - e ritenuti idonei alla definizione del giudizio, in applicazione del principio della “ragione più liquida”- attenevano alla eccezione sollevata dal contribuente, per la quale veniva contestato che i giudici di appello avessero negato l’obbligatorietà dell’allegazione all’avviso di accertamento del processo verbale di constatazione, in quanto «le ragioni dell’inesistenza delle operazioni fatturate, che dovevano desumersi, non tanto dalla correzione apportata alla numerazione delle fatture, ma dal fatto che i lavori di importo considerevole (perché pari a 360.000 euro) non risultavano da alcun contratto scritto, né vi erano riscontri di pagamenti, che era inverosimile che fossero stati effettuati per contanti, la cui disponibilità la società contribuente neppure aveva dimostrato di avere».
La Suprema corte, invece, disattende tale considerazione, poiché «se la motivazione
dell’avviso di accertamento fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale ovvero l’atto richiamato dall’avviso di accertamento sia stato sottoscritto e consegnato al contribuente (come accade nella generalità dei casi per i processo verbale di constatazione redatti dai funzionari dell'amministrazione finanziaria o della Gdf)».
E, nel caso di specie, l’avviso di accertamento emesso nei confronti della ricorrente, fa espresso rinvio alle dichiarazioni rese dal titolare della ditta emittente le fatture alla Gdf, allegate al pvc mai consegnato al ricorrente, che neanche ne era venuto a conoscenza in altro modo.

La sentenza n. 21768/2017 della Cassazione

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