Controlli e liti

L’avviso di integrazione notificato al notaio è impugnabile anche dalle parti

La Cassazione con l’ordinanza 13329/2020 conferma inoltre che solo le parti sono obbligate al versamento

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di Roberto Bianchi

In tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante, può essere impugnato anche dalle parti contraenti in quanto la previsione della notifica al notaio vale esclusivamente a costituirlo responsabile di imposta, ma non incide sul principio fissato dall’articolo 57 del Dpr 131/1986 per il quale i soggetti obbligati al pagamento del tributo restano le parti sostanziali dell’atto medesimo. A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione con l’ordinanza 13329/2020.

Nell’ambito dell’imposta di registro, la lettera b) del comma 1 dell’articolo 10 dispone che sono obbligati a richiedere la registrazione i notai, gli ufficiali giudiziari, i segretari o i delegati della pubblica amministrazione e gli altri pubblici ufficiali per gli atti dagli stessi redatti, ricevuti o autenticati. Il comma 1 dell’articolo 57 del Dpr 131/1986, invece, afferma che, oltre ai pubblici ufficiali che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto e ai soggetti nel cui interesse è stata richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta, tra gli altri, anche le parti contraenti e quelle in causa.

Per la Suprema corte costituisce principio consolidato, in materia di imposta di registro, la circostanza che l’avviso di liquidazione, notificato al notaio rogante, possa essere impugnato anche dai soggetti contraenti in quanto, la previsione della notifica al notaio rileva esclusivamente al fine di costituirlo responsabile dell’imposta, ma non incide sul principio fissato dall’articolo 57 del Dpr 131/1986, per il quale i soggetti obbligati al pagamento del tributo restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cassazione, ordinanza 5016/2015).

Nello specifico, rappresenta un postulato cardine della disciplina della solidarietà dell’obbligazione tributaria, che caratterizza anche l’articolo 57 del Dpr 131/1986, quello sancito dall’articolo 1292 del Codice civile, il quale prevede che ciascun coobbligato possa essere costretto all’adempimento per la totalità del dovuto e che l’esecuzione della prestazione da parte di un coobbligato affranca tutti gli altri (Cassazione 4047/2007).

A norma dell’articolo 57 del Dpr 131/1986, il notaio che ha redatto l’atto e richiesto la registrazione è obbligato (quale responsabile dell’imposta) in solido con il contribuente (obbligato principale) al versamento del tributo. Ne è scaturito che l’ufficio ha legittimamente notificato l’avviso di liquidazione al notaio in base all’articolo 1292 del Codice civile, secondo cui, in caso di obbligazione solidale, «ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri». In questo modo si rimette al creditore, nella fattispecie all’agenzia delle Entrate, la facoltà di scegliere l’obbligato al quale rivolgersi, senza la necessità di dover notificare l’avviso anche alla società. Questo principio, in ambito processuale, si esprime nella regola che esclude la sussistenza del litisconsorzio necessario tra i vari condebitori d’imposta nella lite fiscale (Cassazione 24098/2014).

Tuttavia, la cessazione della materia del contendere nel processo tributario presuppone da un lato che nel corso del giudizio siano sopravvenuti fatti tali da far venir meno le ragioni del contrasto e l’interesse alla pronuncia di merito richiesta e dall’altro che le parti formulino conclusioni conformi. Ne consegue che l’allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto da una sola parte come idoneo a determinare la cessazione della materia del contendere, comporta la necessaria valutazione da parte del giudice, al quale compete l’eventuale dichiarazione di avvenuto soddisfacimento del diritto azionato ovvero la pronuncia sul merito dell’azione (Cassazione, ordinanza 11153/2019) precisando che, nell’ipotesi di pagamento avvenuto nel corso del giudizio, non si verifica la cessazione della materia del contendere (la quale, presupponendo il venir meno delle ragioni di contrasto fra le parti, consente di superare la necessaria pronuncia del giudice) qualora l’obbligato non rinunci alla domanda diretta, finalizzata all’accertamento dell’inesistenza del debito (Cassazione 15705/2002).

Adattando i menzionati principi alla vicenda in esame, risulta evidente che il semplice versamento da parte del notaio dell’imposta determinata dall’ufficio, verosimilmente effettuata utilizzando la provvista fornita dal contribuente al solo fine di scongiurare le correlate procedure esecutive, è di per sé insufficiente ad argomentare la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

A confermare la persistenza dell’interesse del contribuente alla verifica giudiziaria della validità dell’atto impositivo vi è, infatti, l’istanza di rimborso afferente a quanto versato dal notaio in conseguenza alla comunicazione dell’ufficio, che costituisce un atto consequenziale e dipendente dall’impugnazione dell’avviso di liquidazione a cui risulta essere intrinsecamente correlata.

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