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L’idea (dimenticata?) della Ue: dire sì al riporto all’indietro delle perdite fiscali

Nella legge di Bilancio potrebbe trovare posto la raccomandazione mai attuata sul riporto dei defici 2020 e 2021

di Giorgio Gavelli

La prossima legge di Bilancio potrebbe essere il veicolo per l’attuazione della raccomandazione 2021/801 della Commissione Ue in merito al carry back (riporto agli esercizi precedenti) delle perdite fiscali subite a causa della pandemia.

Il 18 maggio scorso la Commissione ha diffuso una raccomandazione, non ancora presa in considerazione dall’Italia, in base alla quale gli Stati membri «dovrebbero consentire» il riporto delle perdite degli esercizi fiscali 2020 e 2021 agli esercizi precedenti, possibilmente fino al 2017 (terzo anno precedente) e comunque «almeno fino al 2019», a fronte delle imposte pagate in tali periodi. La Commissione (si veda l’articolo su NT+ Fisco del 20 maggio scorso) prende atto che, sino ad ora, gli Stati hanno agito – per alleviare l’onere delle imprese messe a dura prova dalla pandemia - prevalentemente con sussidi economici e rinvio degli obblighi di versamento.

Tuttavia alcuni Stati hanno modificato le disposizioni in materia di compensazione delle perdite, definito nella raccomandazione «un importante strumento di politica fiscale». Contrariamente al “riporto in avanti” (carry forward), tipico della nostra Ires, il riporto all’indietro è qualificato come «molto più prezioso per le imprese colpite dalla crisi, in quanto comporta un rimborso delle imposte pagate negli esercizi fiscali precedenti e fornisce liquidità aggiuntiva alle imprese», in particolare alle Pmi, che, altrimenti, dovrebbero attendere di tornare a generare utili per sfruttare la compensazione.

Si tratterebbe di consentire una sorta di “ricalcolo” delle imposte versate negli anni precedenti al 2020, considerando, a diretta riduzione della base imponibile, anche le perdite 2020/2021 (addirittura si ipotizza una stima per quelle 2021), determinando un credito d’imposta immediatamente spendibile in compensazione (probabilmente a seguito di presentazione di apposita dichiarazione integrativa). Ovviamente tali perdite non maturerebbero il riporto “in avanti”.

In questa direzione, molto probabilmente, vanno letti l’articolo 55 del Dl Cura Italia e il bonus aggregazioni disciplinato dall’articolo 1, comma 233, della legge di bilancio 2021. Tuttavia, in entrambi i casi, si tratta di una possibilità riservata ad un numero di soggetti limitato, generalmente non appartenente al mondo delle Pmi, in quanto riguarda la facoltà – con diversa declinazione – di trasformare in crediti di imposta compensabili le imposte anticipate (Dta) su perdite fiscali inutilizzate e su eccedenze di deduzioni Ace. Secondo la Commissione Ue, la misura avrebbe il vantaggio di agevolare le imprese redditizie negli anni “ante-Covid” (individuate in quelle che non hanno subito perdite in nessuno degli esercizi dal 2017 al 2019), riducendo il rischio che il danaro pubblico vada a favore di imprese destinate a fallire per ragioni non correlate alla crisi pandemica.

Si sostiene che gli Stati membri «rinunceranno ora al gettito fiscale» che «riceveranno in futuro dalle imprese che sono rimaste attive e torneranno ad essere redditizie», le quali peraltro, diversamente, utilizzerebbero le perdite riportate in avanti.

La Commissione si pone il problema del limite e, per evitare eccessive ripercussioni sui bilanci nazionali, lo individua in 3 milioni di euro per esercizio fiscale in perdita. Ovviamente la misura andrebbe notificata, come abitualmente avviene per gli aiuti di Stato. Se le autorità italiane sceglieranno di recepire la sollecitazione arrivata dall’Europa, la prossima legge di Bilancio è probabilmente il veicolo più opportuno per questa misura suggerita dall’Ue.