Controlli e liti

L’illecito c’è anche per il consulente

immagine non disponibile

di Patrizia Maciocchi

Scatta il reato di indebita compensazione dei crediti per l’amministratore della società di consulenza che crea e commercializza schemi di evasione fiscale e si accolla, attraverso la trasmissione telematica degli F24, il debito tributario riferibile a terzi, consentendogli un’apparente regolarizzazione. La Corte di cassazione, con la sentenza 37094, smonta la tesi della difesa del consulente, secondo la quale il delitto, previsto dall’articolo 10-quater del Dlgs 74/2000, sarebbe realizzabile, per la sua natura di reato proprio, solo dal contribuente.

Questa qualifica non sarebbe attribuibile all’indagato, che non era destinatario dell’obbligazione con il fisco. Una tesi che aveva convinto il Gip ma non il Tribunale del riesame che aveva disposto il sequestro preventivo dei beni, in presenza di compensazioni di crediti inesistenti per oltre 40 milioni di euro, e la custodia in carcere per il ricorrente.

La Cassazione è d’accordo. L’ordinanza del riesame aveva, infatti, sottolineato che nella nozione «chiunque» indicata dalla norma potesse rientrare ogni soggetto che, al di là della qualifica rivestita, potesse realizzare la condotta tipica. Compreso chi, come nel caso esaminato, in virtù di un contratto di accollo tributario, agisca come debitore, essendosi fatto volontariamente carico di debiti altrui.

I giudici avevano anche individuato il profitto del reato - considerato inesistente dal ricorrente al pari del danno al Fisco - nel totale dell’importo portato a compensazione, corrispondente al 100% del debito, ripartito tra accollante e accollato sulla base di una regolamentazione tra privati precedente la compensazione. La Cassazione ricorda che il reato, secondo quanto indicato dalla stessa relazione governativa al Dl, è diretto a reprimere non tanto l’evasione messa in atto con la presentazione della dichiarazione, quanto il “pernicioso” fenomeno della cosiddetta evasione da riscossione, anche in seguito all’introduzione del modello unico.

I giudici sottolineano che la norma in questione non sanziona il solo il mancato pagamento, quanto lo strumento - più insidioso per l’Erario,perchè non immediatamente percepibile - dell’indebita compensazione. La Cassazione afferma dunque che, almeno fino ad oggi, in assenza di una regolamentazione che inibisca il ricorso alla compensazione dei crediti da parte del coobbligato in virtù di accollo tributario, tra i soggetti attivi nel delitto rientra «anche il debitore accollante che proceda alla realizzazione, attraverso i menzionati modelli F24, di operazioni di compensazione di crediti inesistenti».

Cassazione, sentenza 37094/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©