Imposte

Bollo sugli assegni circolari: problematico il recupero dai clienti

La risposta all’interpello 382 si scontra con l’operatività: questa imposta scatta solo sugli assegni emessi e non estinti nell’arco del trimestre

di Adriano Melchiori e Gianfranco Ursino

Le banche difficilmente potranno addebitare al cliente l’imposta di bollo proporzionale sugli assegni circolari, nonostante le argomentazioni addotte nella risposta 382 delle Entrate all’istanza di interpello, anticipate dal Sole 24 Ore il 16 settembre scorso. E non perché la rivalsa non è disciplinata dal Dpr 642/1972, ma perché la modalità di applicazione dell’imposta proporzionale sembrerebbe tale da identificare nella banca emittente gli assegni circolari il soggetto su cui grava l’onere dell’imposta.

Come ricordato dalle Entrate nella circolare 18/E del 7 marzo 2008, la nota 2 posta in calce all’articolo 10, comma 1, della Tariffa dispone che l’imposta di bollo, nella misura del 6 per mille per ogni anno, deve essere liquidata trimestralmente con l’aliquota dell’1,5 per mille su denuncia della banca. Nella determinazione della base imponibile si considerano soltanto gli assegni in circolazione, emessi e non ancora estinti alla fine di ogni trimestre solare (al 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 31 dicembre). Ivi compresi – precisano le Entrate - gli assegni circolati emessi in forma libera. In aggiunta all’imposizione proporzionale, solo per gli assegni circolari rilasciati in forma libera deve essere corrisposta la somma di 1,50 euro, ai sensi dell’articolo 49, comma 10, del Dlgs 231 del 2007.

Le banche, sino ad oggi, hanno sempre esercitato sui clienti soltanto la rivalsa del bollo fisso di 1,50 euro, ma non dell’imposta proporzionale. Anche perché non pareva giustificato considerare soggetti obbligati in solido i clienti che richiedono l’emissione dell’assegno circolare, posto che il presupposto effettivo per l’applicazione dell’imposta proporzionale è che gli assegni siano in circolazione alla fine di ogni trimestre solare. In effetti, per tutti gli assegni circolari emessi ed estinti nel corso del trimestre la banca non paga alcuna imposta di bollo. Così come la banca all’emissione non può sapere quando l’assegno sarà estinto e, quindi, nemmeno può quantificare l’eventuale imposta da addebitare al richiedente. L’ammontare effettivo dell’imposta è, infatti, calcolabile soltanto all’estinzione (in ragione di un 1,5 per mille per ogni fine trimestre solare trascorso dall’emissione), e dovrebbe essere recuperato – dalla banca negoziatrice che spesso è diversa dalla banca emittente - a carico non del richiedente ma dell'ignaro beneficiario.

In passato l’imposta di bollo proporzionale sugli assegni circolari è sempre stata considerata un onere gestionale di cui dovessero farsi carico le banche emittenti, in quanto (in tempi di tassi non negativi) rigirava all’Erario una parte del vantaggio lucrato dalle banche sulla relativa raccolta a costo zero. Un onere quindi giustificato dal “signoraggio” di emissione di assegni circolari. E non è per pura coincidenza che con la medesima cadenza trimestrale avviene – su comunicazione a Banca d’Italia della banca autorizzata all’emissione di assegni circolari ai sensi dell’articolo 49 del Tub - l’adeguamento della cauzione fissata dal Cicr nella misura del 20% calcolata sul medesimo importo degli assegni in circolazione a fine trimestre. Adesso con i tassi negativi l’imposta che aveva la sua genesi nel “signoraggio”, non ha più senso e soprattutto non ha senso farla pagare ai clienti.

Come già evidenziato (si veda Plus24 del 19 ottobre scorso), sono auspicabili correttivi per impedire l’utilizzo anomalo di assegni circolari che, prolungandone la detenzione (il beneficiario può infatti incassare il titolo nel termine di tre anni dall'emissione, decorso il quale la banca versa la somma del titolo “dormiente” nel Fondo indennizzo risparmiatori previsto dalla legge 266/2005), ha ricadute sull’ammontare dell'imposta a carico della banca.

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