Imposte

L’imposta di registro è fissa se c’è una società semplice

Alla scissione che coinvolge una società semplice (nel ruolo sia di scissa che di beneficiaria) si applica l'imposta fissa e non quella del 3% (da calcolare sul valore del patrimonio scisso)

di Angelo Busani

Alla scissione che coinvolge una società semplice (nel ruolo sia di società scissa che di società beneficiaria) si applica l'imposta di registro in misura fissa e non, come preteso dall'agenzia delle Entrate, l'imposta proporzionale con aliquota del 3%o (da calcolare sul valore del patrimonio scisso). Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 23051 del 25 luglio 2022, chiamate a risolvere una questione ritenuta «di massima di particolare importanza», sollevata dall'ordinanza n. 33312/2021 della Quinta sezione della Cassazione stessa.

L'importanza della decisione non è solo perché proviene dalle Sezioni unite e non è solo perché la materia esaminata era assai controvertibile, ma anche perché la Cassazione ha impedito che dispiegassero effetti, sul caso in esame, le sue precedenti decisioni n. 4763/2009 e 227/2021. In esse è stato deciso che va applicata l'aliquota del 3% alla fusione tra enti diversi dalle società che non abbiano quale oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole: «in entrambe le decisioni è mancato – perché il caso non lo richiedeva – un utile e convincente approfondimento del problema, che oggi si ripresenta nel suo snodo più critico». Ulteriore profilo di interesse è che la Cassazione definitivamente sdogana – se mai ce ne fosse il bisogno – la legittima cittadinanza, nel nostro ordinamento, della «società semplice di pura gestione di partecipazioni».

In effetti, tenendo in considerazione questi suoi precedenti, pareva dotata di notevole plausibilità la previsione secondo cui la Cassazione, giudicando una fattispecie di scissione inerente a una società semplice (avente a oggetto non un'attività commerciale o agricola, ma una mera attività di intestazione di quote di partecipazione al capitale di società), avrebbe concluso nel senso dell'imposizione proporzionale di registro, come preteso dalle Entrate.

La tesi del fisco, dotata di non scarsa consistenza, era che la normativa in tema di imposta in misura fissa (contenuta nell'articolo 4 della Tariffa Parte Prima allegata al Dpr 131/1986) bensì si applica alle società e agli enti non societari, ma solo a condizione che si tratti di società o enti che svolgano in via esclusiva o principale attività commerciale o agricola. Cosicché, nel caso di una società semplice che non svolga attività agricola (e che, per definizione, non può svolgere attività commerciale), ma un'attività meramente statica, la normativa applicabile sarebbe quella di cui all'articolo 9 di detta Tariffa, e cioè l'aliquota del 3%.

La Cassazione ribalta dunque questo ragionamento, osservando che, quando l'articolo 4 della Tariffa si riferisce alle società «di qualunque tipo e oggetto», non limita tale perimetro con riferimento all'esercizio esclusivo o principale di attività commerciale o agricola, in quanto l'esercizio di attività commerciale o agricola è un discrimine che opera al di fuori dal campo societario. Pertanto:

quando si controverte nell'ambito delle società, l'espressione «società di qualunque tipo e oggetto» concerne qualsiasi tipologia societaria, senza che abbia alcuna rilevanza l'attività (commerciale, agricola, non commerciale o non agricola) svolta dalla società in questione;

solo quando si controverte nell'ambito degli enti non societari, occorre effettuare una demarcazione tra quelli che hanno per oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di attività agricola (qui le fusioni e le scissioni vanno a imposta fissa) e quelli che hanno un oggetto diverso dal predetto (qui si applica invece l'imposizione proporzionale).

A quest'ultimo riguardo va peraltro rammentato che se si tratta di enti del Terzo settore alle operazioni di fusione e scissione si applica in ogni caso l'imposta fissa (articolo 82 del Dlgs 117/2017).

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