Controlli e liti

L’impugnazione «rallenta» il processo

di Antonio Iorio

In presenza di pericolo per la riscossione, l’ufficio può controllare l’effettuazione dei versamenti anche prima della presentazione della dichiarazione annuale in base all’articolo 54 bis, comma 2-bis, Dpr 633/72 . La norma che ha introdotto la comunicazione delle liquidazioni periodiche Iva, prevede l’applicazione della citata disposizione «indipendentemente dalle condizioni ivi previste». Va da sé che se quest’ultima locuzione si riferisce solo alle modalità di versamento (contenute nel ripetuto articolo 54 bis), gli avvisi bonari notificati sarebbero illegittimi perché emessi in assenza del pericolo per la riscossione.

Vi è poi un’ulteriore riflessione. La modifica normativa che ha esteso l’ambito anche temporale del ravvedimento, aveva il dichiarato fine di favorire la regolarizzazione spontanea di errori e di omessi versamenti a causa di temporanee indisponibilità finanziarie.

Va escluso, di norma, che chi, consapevolmente, ha occultato dei ricavi o attuato pratiche fraudolenti, possa essere interessato al ravvedimento.

L’eccessiva rapidità della procedura, che si è verificata in questi mesi, rischia però di vanificare la ratio dell’istituto ed anche la lodevole attività di compliance dell’amministrazione.

Se, infatti, un contribuente non ha versato l’Iva all’ordinaria scadenza per assenza di fondi, difficilmente potrà reperirli in un paio di mesi, quando cioè l’Agenzia ha inviato la lettera di invito alla compliance. Ancor più improbabile, che li reperisca nei successivi 15 giorni (prima della notifica dell’avviso bonario), che determina la preclusione alla regolarizzazione.

Da notare poi che, in assenza di versamento entro 30 giorni, viene emessa la cartella che potrebbe anche pregiudicare richieste di rimborso o compensazioni.

Il contribuente, quindi, nella speranza di “rallentare” il processo, potrebbe impugnare l’avviso bonario o la successiva cartella eccependone l’illegittimità perché emessi in assenza del pericolo per la riscossione e in violazione del principio di collaborazione e buona fede. Si tratta però di motivi fondati sull’interpretazione della norma, con la conseguenza che la giurisprudenza potrebbe risultare fin da subito particolarmente ondivaga (e anche tendenzialmente sfavorevole).

Infine vi è da sperare che queste sollecite richieste dell’Agenzia non favoriscano l’occultamento in dichiarazione di imponibili: in queste ipotesi infatti non si avvierebbe alcuna procedura. Ciò perché il presupposto non è la veridicità di quanto dichiarato ma la differenza tra il dichiarato e l’importo successivamente versato.

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