L’inesistenza o l’invalidità della notifica non blocca l’atto se il destinatario ne è venuto a conoscenza
L’ordinanza 15192/2020 della Cassazione riconosce una rilevanza sostanziale alla realtà dei fatti indipendente dalle formalità di consegna
Nell’ambito degli atti di imposizione tributaria, la notificazione non costituisce un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa di efficacia e, pertanto, la sua inesistenza o invalidità non determina automaticamente l’insussistenza dell’atto nel caso in cui, inequivocabilmente, se ne evinca la piena conoscenza da parte del destinatario entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio di tale potere all’amministrazione finanziaria, sulla quale grava il correlato onere probatorio.
Ad affermare questo principio è la Cassazione con l’ordinanza 15192, depositata il 16 luglio 2020, che conferma la rilevanza della conoscenza dell’atto da parte del destinatario. La Suprema Corte (sentenza 8374/2015) reputa i principi statuiti dal comma 3 dell’articolo 156 del Codice di procedura penale utilizzabili anche nel contesto del processo tributario, privilegiando la conoscenza effettiva dell'atto rispetto alla conoscibilità potenziale dello stesso, salvaguardando l'instaurazione del contenzioso tributario e, di conseguenza, l’accertamento giudiziale della legittimità della pretesa tributaria.
Da ciò consegue che, nelle circostanze oggetto di giudizio, non possono considerarsi colpiti da nullità né l'atto impositivo invalidato dall’inesistenza della notifica qualora, contro il diniego al rimborso opposto dall’amministrazione finanziaria e afferente al versamento delle somme richieste con l'atto richiamato, il contribuente abbia presentato ricorso (Cassazione, sentenza 4760/2009), né tantomeno il ricorso nei confronti del quale potrebbe essere richiesta la nullità della notifica, considerato che tale irregolarità risulta in ogni caso sanata dalla costituzione in giudizio dell'Ufficio (Cassazione, sentenza 5508/2009).
Per il Collegio di legittimità, essendo l’ordinamento carente di una disciplina di ordine generale in merito agli atti impositivi, è necessario affidarsi ai diffusi principi che sono estrapolabili dalle regolamentazioni particolari afferenti ai tributi specifici. Le differenti norme tributarie hanno interessato le fasi di istruttoria e formazione degli avvisi di accertamento e/o di liquidazione e stabilito i termini di decadenza per l'esercizio dell'azione di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, senza prendere in considerazione la fase afferente alla notifica dell’atto impositivo.
Tale attività, tuttavia, non costituisce un momento di perfezionamento dell'atto menzionato ed è pertanto ininfluente in merito alla sua costituzione e validità, mentre risulta essere rilevante ai fini dell'efficacia dell'avviso di accertamento o di liquidazione, essendo acclarato che, in assenza di notificazione, lo stesso non estende i suoi effetti nei confronti del contribuente.Considerato che i menzionati principi generali, ricavabili dalla sistematica interpretazione delle differenti norme tributarie, consentono di considerare autonoma l’esistenza giuridica dell'atto impositivo rispetto alla sua notificazione, ne consegue che il venir meno dell’una non comporta inevitabilmente il venir meno anche dell'altra ed è per questa ragione che la Suprema Corte ha affermato: «se la notificazione non esiste, è preclusa l'efficacia della decisione amministrativa, ma la sua esistenza, se si è realizzata, non viene compromessa e, ove mai assumessero rilevanza fatti equipollenti e sostitutivi della notificazione, l'atto amministrativo d'imposizione tributaria potrebbe comunque produrre i suoi effetti» (Cassazione, sentenza 4760/2009).
Il più rilevante tra questi «fatti equipollenti» che, in quanto tali, svolgono la funzione della notificazione, è il pagamento da parte del contribuente delle somme richieste dall'atto impositivo, costituendo la prova che tale atto risulta essere conosciuto e, di conseguenza, in grado di produrre i correlati effetti sull'interessato il quale, attraverso il pagamento, ha sanato il vizio notificatorio.
La posizione assunta dalla Suprema Corte conferisce, pertanto, una rilevanza sostanziale alla realtà dei fatti, indipendente dalle formalità concernenti le procedure di notificazione e, di conseguenza, una volta che il soggetto passivo ha dato esecuzione a un atto impositivo, si deve concludere che il richiamato atto gli fosse noto, indipendentemente da ogni ulteriore considerazione in merito all'esistenza della notifica.