L’interpello sulla Cfc non è impugnabile
Il parere dell’amministrazione in risposta all’interpello del contribuente sulle modalità di applicazione della disciplina relativa alle Controlled Foreign Companies (Cfc) non è atto impugnabile davanti al giudice tributario. A livello generale, perché è assimilato all’interpello interpretativo e si traduce sempre in un atto di natura non provvedimentale che come tale non vincola il contribuente. In secondo luogo perché, in base a giurisprudenza consolidata, qualsiasi atto per essere impugnabile deve essere finalizzato a rendere nota una pretesa definitiva. Infine, secondo la norma sopravvenuta del 2015, la non impugnabilità è anche retroattiva in quanto, invariato l’aspetto sostanziale dell’istituto, la parte procedurale esplica in base allo jus superveniens effetti di natura processuale. Così la Ctr Lazio, sentenza 6252/1/17 (presidente. Cappelli, relatore Terrinoni).
L’interpello
Una nota società operante nel settore della moda presenta nel 2013 alla Direzione centrale normativa delle Entrate un’istanza di interpello per ottenere la disapplicazione della normativa sulle Cfc per i redditi conseguiti dalle controllate in Hong Kong e Macao. Il Fisco ritiene non provata l’effettività dell’attività commerciale svolta dalle due società estere e la rigetta.
Il contenzioso
La contribuente ricorre contro il parere sfavorevole sostenendo che, come risulta dalla documentazione probatoria, entrambe le società estere svolgono effettiva attività commerciale e dunque non possono subire l’applicazione della più sfavorevole disciplina delle Cfc.
L’amministrazione resiste. In via pregiudiziale, il ricorso della contribuente sarebbe inammissibile in quanto i provvedimenti di diniego conseguenti a interpello non sono mai opponibili davanti al giudice tributario. Poi, nel merito, sarebbe comunque infondato in quanto non è stata provata l’effettività dell’attività commerciale delle società estere.
La sentenza
A maggio 2016 la Ctp rigetta la questione pregiudiziale e accoglie il ricorso introduttivo nel merito costringendo l’amministrazione ad andare in appello nel dicembre. La Ctr accoglie la questione pregiudiziale e dichiara inammissibile l’originario ricorso per questi motivi:
il parere reso in risposta all’interpello sulla disciplina delle Cfc non è impugnabile essendo assimilato agli interpelli ordinari, perché l’attività di interpretazione dell’amministrazione si traduce sempre in un atto di natura non provvedimentale che, per il suo carattere non vincolante, non può determinare alcuna lesione della sfera giuridica del contribuente;
il parere reso in risposta all’istanza di interpello sulle Cfc, secondo la giurisprudenza corrente non è impugnabile per carenza del presupposto impositivo, perché qualsiasi atto, per essere impugnabile, deve comunque essere finalizzato a rendere nota una pretesa definita e compiuta;
il parere reso in risposta all’istanza di interpello relativa alla disciplina sulle Cfc secondo lo jus superveniens recato dal Dlgs 156/15 è ope legis non impugnabile, perché la norma, non toccando l’aspetto sostanziale dell’istituto ma solo quello procedurale-applicativo, riveste carattere processuale ed esplica effetti retroattivi.