Imposte

L’ippoturismo non è attività agricola connessa

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di Gian Paolo Tosoni

L’attività di ippoturismo non è considerata attività agricola connessa se non è integrata nel contesto della azienda agricola e possa configurarsi come attività prevalente rispetto a quella agricola tradizionale. Lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 138 ad un interpello, pubblicata ieri sul suo sito internet.
La fattispecie riguardava l’organizzazione di escursioni a cavallo mediante l’utilizzo di animali di proprietà di una impresa agricola vocata alla produzione di foraggi e seminativi. L’attività veniva inquadrata nell’ambito del turismo rurale ai sensi dell’articolo 2, della legge regionale Veneto n. 28 del 2012.
Il richiedente riteneva che la predetta attività potesse essere inquadrata fra le attività di servizi connesse a quelle agricole e quindi di poter beneficiare dei regimi forfetari sia ai fini Iva di cui all’articolo 34 bis del Dpr 633/72 (detrazione forfetizzata nella misura del 50%) che ai fini delle imposte dirette (reddito pari al 25% dei corrispettivi registrati ai fini dell’Iva).
La Agenzia nega tale possibilità svolgendo una attenta analisi sui requisiti affinché una attività di prestazione di servizi, possa considerarsi connessa e quindi beneficiare dei predetti regimi forfetari.
In particolare alla luce del dettato normativo contenuto nell’articolo 2135 del Codice civile e con i chiarimenti forniti dalla circolare della Agenzia delle Entrate n. 44 del 2002, la qualificazione come attività connessa per le attività di fornitura di servizi dipende in primo luogo da un requisito soggettivo nel senso che l’imprenditore che svolge le predette attività deve essere lo stesso che esercita la coltivazione del fondo o la gestione dell’allevamento; inoltre l’imprenditore deve utilizzare nella attività connessa prevalentemente le attrezzature e le risorse della azienda agricola normalmente impiegate nella attività agricola principale. Anche la attività di ippoturismo deve essere svolta in rapporto di connessione con l’azienda agricola e non deve essere prevalente rispetto all’attività agricola in termini di tempo di lavoro. Nella fattispecie esaminata l’Agenzia ha rilevato dalla visura nel registro delle imprese, che la attività di turismo rurale rappresentava l’attività principale mentre quella secondaria è quella agricola; per la verità tale confronto è possibile esaminando la contabilità Iva della impresa agricola più che la collocazione delle attività presso la Camera di Commercio. Inoltre l’Agenzia ha osservato che le attrezzature e le risorse utilizzate per l’attività di turismo rurale sono diverse da quelle impiegate per la coltivazione del fondo. Conclude l’Agenzia che la predetta attività non può quindi essere considerata connessa alle attività agricole e quindi sia il reddito che l’Iva devono essere determinati nei modi ordinari.
L’interpretazione della Agenzia è rigorosa e non perde di vista il principio fondamentale secondo il quale l’attività connessa deve essere sempre secondaria, accessoria e strumentale a quelle agricola che deve essere sempre principale. Quindi ad esempio se il turismo rurale, sotto il profilo del fatturato, risultasse superiore alla attività agricola appare evidente che non si può trattare di attività connessa.
Non si condivide invece il rigore che l’Agenzia ha adottato con riferimento alla attrezzature ed alle risorse impiegate per il turismo rurale affermando che quelle impiegate non sono utilizzate in agricoltura; nella fattispecie probabilmente la campagna che è il bene principale per l’esercizio della attività agricola serve anche per il turismo rurale. Il legislatore con l’articolo 3 del Dlgs 228/2001 (legge di orientamento in agricoltura) ha contemplato fra le attività agrituristiche anche quelle di pratica sportiva, escursionistica e di ippoturismo finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio; il dato letterale non sembra fare riferimento alle attrezzature e risorse utilizzate normalmente nella attività agricola tradizionale in quanto per tali attività le attrezzature non sono necessarie. Si evidenzia, pertanto, l’eccessivo rigore attuato dalla Agenzia nel non classificare l’ippoturismo attività agricola connessa e tale interpretazione appare in contrasto con il dettato della legge di orientamento in agricoltura.

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