Imposte

L’Iri può ridurre gli acconti di ditte e società di persone

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di Gian Paolo Tosoni

L’imposta “piatta” del 24% e cioè l’Iri, per le società di persone ed imprese individuali in regime di contabilità ordinaria, decorre dal 1° gennaio 2018 e questo consente ai contribuenti interessati di determinare l’acconto Irpef tenendo conto della minore Irpef dovuta.

La tassazione proporzionale del reddito di impresa, nella misura del 24%, per le società e imprese soggette ad Irpef è stata introdotta dalla legge di bilancio 2017 con l’articolo 55-bis del Tuir ed è stata rinviata di un anno dall’articolo 1, comma 1063, della legge 205/2017; pertanto decorre dal periodo di imposta 2018. È auspicabile che il nuovo Governo mentre tenta di raggiungere l’obiettivo della flat tax, per il momento mantengaalmeno in vigore l’Iri dal 1° gennaio 2018 senza prevedere ulteriori proroghe. Tale norma prevede la tassazione con la aliquota proporzionale del 24%, in misura identica all’imposta sulle società di capitali, del reddito di impresa delle imprese individuali, società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate in regime di contabilità ordinaria; l’opzione è vincolante per un quinquennio.

L’opzione deve essere esercitata nella prima dichiarazione dei redditi nella quale viene applicata per la prima volta la tassazione separata; quindi l’opzione con decorrenza dal 2018 deve essere comunicata nella dichiarazione dei redditi 2019.

La tassazione progressiva del reddito in capo all’imprenditore individuale e ai soci, avviene soltanto in presenza di prelievo degli utili. Le riserve di utili formate fino al periodo di imposta 2017 compreso, si potranno distribuite liberamente senza tassazione i capo ai soci in quanto già tassate per trasparenza; tali somme hanno priorità in confronto a quelle formatesi nel periodo di opzione Iri. Invece gli utili formati dal periodo di applicazione dell’Iri e quindi dal 2018 saranno tassati per intero in capo all’imprenditore e ai soci come reddito di impresa o di partecipazione (non di capitale). Nell’anno della distribuzione dell’utile, tali somme saranno deducibili dal reddito dell’impresa.

In sostanza il reddito d’impresa determinato in regime di contabilità ordinaria è tassato separatamente con la aliquota proporzionale del 24 per cento. Tale reddito concorre a formare l’imponibile dell’imprenditore e dei soci soltanto in caso di prelevamento: in questo caso le somme divengono deducibili dal reddito dell’impresa o della società. Le perdite generate nei periodi di applicazione dell’Iri sono deducibili dal reddito di impresa negli anni successivi.

L’Iri rappresenta un sistema impositivo favorevole per le imprese del mondo Irpef. Infatti il meccanismo dell’Iri è conveniente e giusto in quanto le imprese che intendono effettuare investimenti e non distribuiscono gli utili sono premiate in confronto al passato in quanto si limitano ad assolvere l’imposta proporzionale del 24% e non con la aliquota progressiva che può arrivare fino al 43 per cento. Inoltre in presenza di elevati costi indeducibili la tassazione si ferma al 24% trattandosi di riprese fiscali e quindi tassate dalla società e non di utili distribuibili.

L’articolo 58 del Dl 50/2017 ha completato il meccanismo di applicazione della nuova norma in presenza della fuoriuscita dal regime dopo il quinquennio o per effetto della cessazione dell’attività o trasformazione in società di capitali. I prelevamenti delle riserve di utili tassati con l’imposta al 24%, effettuati dopo la cessazione del regime Iri e che concorrono a formare il reddito imponibile dell’imprenditore o dei soci (non potendoli più dedurre dal reddito della società), generano un credito di imposta pari all’imposta pagata dall’impresa (24%).

Quindi i soci di società di persone o l’imprenditore individuale nell’acconto per l’anno 2018, per il quale non dovranno dichiarare il reddito di impresa, potrebbero determinare l’importo dell’Irpef su base prospettica riducendo l’importo da versare.

IL MECCANISMO

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