L’onere della prova sui movimenti bancari spetta al contribuente accertato per Iva e Irpef
Nell’ambito dell’accertamento ai fini delle imposte sui redditi e sull’Iva, nel caso in cui l’accertamento realizzato dall’Amministrazione Finanziaria venga argomentato dalle risultanze dei conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Ufficio viene soddisfatto, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 32 del Dpr 600/1973, mediante le informazioni risultanti dai conti sopra richiamati, determinando un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi scaturenti dalle dinamiche bancarie non sono ascrivibili a operazioni imponibili, fornendo, a tale scopo, una prova particolareggiata con evidenza specifica della provenienza di ciascun versamento bancario, in maniera da comprovare come ognuna delle operazioni realizzate, risulti essere avulsa da avvenimenti imponibili.
A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso l’ordinanza 29261/2017, depositata in cancelleria il 6 dicembre 2017.
La controversia viene originata dal ricorso presentato da una Srl contro un avviso di accertamento, emesso a seguito di indagini bancarie e relativo a Iva, Irpeg e Irap dell’anno di imposta 2003.
L’agenzia delle Entrate ha presentato ricorso nei confronti della suddetta società (che ha resistito mediante controricorso) avverso la sentenza con la quale la Ctr della Sicilia, rigettandone l’appello, aveva confermato la decisione di primo grado favorevole alla contribuente.
Il Collegio di legittimità, in materia di accertamento delle imposte sui redditi e sull’Iva, si è allineato a quanto sostenuto in precedenza dalla Corte Suprema la quale ritiene che «qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’amministrazione è soddisfatto, secondo il Dpr 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili» (Cassazione, sentenza 18081/2010).
Tuttavia, in ordine alla tipologia di prova che il contribuente ha il gravame di fornire allo scopo di superare la presunzione legale di cui al citato articolo 32, i giudici hanno ammesso il ricorso alle presunzioni semplici a condizione che le stesse siano sottoposte ad attenta verifica da parte del Collegio giudicante, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignorati, correlando ogni indizio (purché grave preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cassazione, sentenza 22502/2011 richiamata da Cassazione, sentenza 4585/2015).
La disciplina rappresentata nell’articolo 32 del Dpr 600/73 (articolo 51, comma 2 del Dpr 633/1972 per l’Iva) sancisce che le informazioni e gli elementi afferenti alle relazioni con gli intermediari finanziari, possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 del Dpr 600/1973 (articoli 54 e 55 del Dpr 633/1972 per l’Iva), se il contribuente non dimostra di averle tenute in considerazione in merito alla determinazione del reddito o che non hanno acquisito rilevanza allo stesso fine.
La disposizione prevede pertanto che i risultati di tale verifica debbano in seguito venire canalizzati nelle peculiari disposizioni afferenti gli accertamenti riguardanti le persone fisiche non svolgenti un’attività d’impresa o di lavoro autonomo (articoli 38 e 41 del Dpr 600/1973) o, in alternativa, nei riguardi dei contribuenti che agiscono in qualità di imprenditori o di esercenti un’arte o una professione (articoli 39 e 40 del Dpr 600/1973). Pertanto, limitando l’approfondimento su questi ultimi soggetti, si deve rilevare come gli articoli 39 e 40 del Dpr 600/1973 non accolgono alcuna presunzione legale. Di conseguenza, nel rispetto delle ultime disposizioni menzionate, o l’Amministrazione Finanziaria esegue una rettifica analitica in presenza di elementi certi, oppure siamo in presenza di presunzioni semplici che pongono l’onere probatorio in capo all’agenzia delle Entrate, la quale è chiamata a soddisfare i principi di gravità, precisione e concordanza (a esclusione delle circostanze che rientrano nel comma 2, articolo 39 del Dpr 600/1973).