La buona fede non scusa il contribuente dalle sanzioni tributarie
Le sanzioni tributarie non possono non essere applicate a causa della buona fede. La Ctr ha quindi errato nel ritenere che non era intenzione del contribuente evadere le imposte. È quanto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 1538 del 20 gennaio 2017.
Uno studio associato di professionisti impugna una cartella di pagamento emessa, ex articolo 36 bis del Dpr 600/1973, per imposte dichiarate ma non versate.
La Ctp rigetta il ricorso, rilevando che, a causa della loro “distinta soggettività”, i tributi non versati dallo studio professionale, non potevano essere compensati coi crediti d'imposta degli associati. La Ctr conferma nel merito la decisione di primo grado e con riferimento alle sanzioni, riconoscendo la buona fede del contribuente e un suo possibile errore incolpevole, dispone lo sgravio delle sanzioni ai sensi dell’articolo 10, comma 3, della legge n. 212/2000.
Ricorre in Cassazione, l’agenzia dell’Entrate, relativamente al profilo sanzionatorio, rilevando che, in mancanza di obiettiva incertezza giuridica circa l’applicazione delle norme in tema di compensazione fiscale, la Ctr aveva sbagliato a disporre lo sgravio delle relative sanzioni.
La Suprema Corte, nell’accogliere il motivo di ricorso, conferma il consolidato orientamento di legittimità sul punto.
È pacifico che la causa di non punibilità delle «obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito delle disposizioni tributarie», riguarda l’errore incolpevole di diritto che si verifica nel caso di norme equivoche, tali da ammettere interpretazioni diverse ugualmente fondate, e da non consentire, in un determinato momento, l’individuazione certa di un significato determinato. Ciò si può verificare, ad esempio, qualora coesistono orientamenti di giurisprudenza contrastanti. Dunque l’incertezza oggettiva, quale causa di disapplicazione delle sanzioni, si distingue, a rigore, dalla buona fede soggettiva del contribuente. La quale, non può che essere irrilevante, non potendosi, per intuibili ragioni, farsi dipendere la disapplicazione selle sanzioni da una personale difficoltà di interpretazione delle norme (si veda Cassazione n. 24588/2015; Cassazione n. 13076/2015).
La sentenza n. 1538/2017 della Cassazione